20 Aprile 2024

Strage di Ustica, “Sono stati i francesi” (Cossiga dixit). E per depistare, gli 007 massacrarono a Bologna altre 85 persone

A 34 anni dal disastro i magistrati romani raccolgono testimonianze di militari francesi. La Francia "disposta" a confessare una verità già nota. Molti i morti "suicidati" perché sapevano troppo

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Strage di Ustica, morti sospette, depistaggi e strage di Bologna: un unico filo conduttore. Nel giorno del 34esimo anniversario della strage di Ustica giungono timide aperture da parte della Francia. Nulla di ufficiale, ma una indefinita “disponibilità” dei francesi a collaborare “proficuamente” per arrivare ad una verità per molti già nota. Secondo quanto riportano molti quotidiani, la Francia sarebbe “disposta” a levare il segreto di Stato sul disastro aereo di Ustica in cui trovarono la morte 81 persone la sera del 27 giugno 1980.

Alcuni magistrati romani che indagano ancora sul disastro, hanno interrogato di recente alcuni militari francesi riguardo ai movimenti di mezzi aerei e navali sul mar Tirreno poco prima che l’aereo precipitasse (disintegrato) in mare tra le isole di Ponza e Ustica. Questo avvalora la tesi prevalente secondo cui la Francia ricoprirebbe un ruolo primario nella strage. Infatti, dalle prime ammissioni fatte dai militoni dell’Armeé de l’air ai pubblici ministeri di Roma, sbugiardano quella che è stata fino ad oggi la versione ufficiale di Parigi sui fatti di Ustica, e cioè che i francesi “sono estranei” a tutta la vicenda.

Il giudice Priore a Castelsilano
Il giudice Priore a Castelsilano (Calabria)

Le informazioni raccolte dal procuratore aggiunto Maria Monteleone e dal sostituto Erminio Amelio dimostrerebbero però che i famosi caccia francesi della base di Solenzara in Corsica non tornarono a terra intorno alle 17, ossia quattro ore prima dell’esplosione del Dc9 Itavia, come da sempre dichiararono, ma al contrario, volarono fino a tarda sera.
La rivelazione non è un dettaglio di poco conto, in quanto tra le ipotesi più accreditate per dare una spiegazione sul perché l’aereo civile si inabissò nel Tirreno col suo carico umano, c’è proprio quella che possa essere stato abbattuto da un caccia francese.

Da fonti governative d’Oltralpe, così come dalla procura di Roma, è arrivato un secco “no comment” sulle attività investigative in corso, mentre fonti del ministero della Giustizia si sarebbero limitate a riferire dell’impegno costante del Guardasigilli Orlando per ogni iniziativa utile a far chiarezza su Ustica come su qualsiasi altra strage, secondo la volontà del premier Matteo Renzi di far piena luce sulle stragi degli anni di piombo.

Nessuno ha tuttavia smentito la notizia che una decina di ex militari della base di Solenzara siano stati ascoltati dai pm italiani. I colleghi francesi sarebbero anche disposti ad aprire gli archivi della Difesa per ricostruire i movimenti di cacciabombardieri e unità navali nel mar Tirreno, la notte del disastro. La “collaborazione in corso” (apici obbligati) tra Italia e Francia viene valutata come un’ulteriore apertura del governo di François Hollande per far chiarezza sul disastro.

Già nel 2013, due anni dopo la richiesta italiana, la Francia aveva risposto, sia pure parzialmente, a una rogatoria fatta dalla procura di Roma. Ora la “collaborazione” avrebbe fatto ulteriori passi avanti proprio con riferimento ai movimenti dei caccia d’Oltralpe. Tra i quesiti posti dai magistrati italiani anche l’eventuale esecuzione di una esercitazione militare francese e la presenza di navi francesi nei pressi della zona in cui il velivolo fu abbattuto.

Gheddafi
NEL MIRINO FRANCESE – L’ex dittatore libico Gheddafi

Sul drammatico disastro di Ustica, squarci di verità affiorarono (seppur tardivamente) nel 2007 per volontà dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga – all’epoca presidente del Consiglio – che fece intendere la responsabilità francese. Ad abbattere il Dc9 fu un missile sganciato dai caccia francesi all’indirizzo di un Mig-23 libico a bordo del quale i servizi francesi credevano ci fosse il leader libico Mu’ammar Gheddafi, uomo “condannato” a morte da Parigi (l’intento di farlo fuori riuscì nell’ottobre 2011 quando l’intelligence francese si attivò per favorire la cattura del dittatore libico a Sirte. Grazie alla “soffiata” francese, i ribelli lo rintracciarono e assassinarono).

Fu all’indomani del disastro dell’Itavia che venne posto in essere a opera di servizi deviati, alti ufficiali dell’aeronautica e alte cariche dello Stato il più straordinario e cinico depistaggio che la storia repubblicana ricordi. Obiettivo: affossare in tutti i modi la verità su Ustica. A depistare le indagini si comincia dalle montagne della Sila, in Calabria.

Il 18 luglio, venne ritrovato nelle colline di Castelsilano, in provincia di Crotone, (allora di Catanzaro) un Mig 23, a detta di alcuni carabinieri ascoltati al tempo, “con fori di proiettile nella fusoliera di 20 millimetri”, compatibili con il piombo di un cannoncino. La versione “ufficiale” tuttavia imputò le cause della caduta del Mig “all’assenza di carburante”.

Accanto al velivolo venne ritrovato il corpo esamine del pilota arabo. Qualche giorno dopo fu disposta l’autopsia per accertare le cause della morte del pilota. L’esame diede esiti sorprendenti: il cadavere dell’uomo era in “avanzatissimo” stato di putrefazione. Sul corpo dilaniato dall’impatto vennero infatti rinvenute “larve giganti” compatibili con un cadavere deceduto almeno 20 giorni prima la data del 18 luglio. Secondo questa ricostruzione, la più credibile, il piccolo velivolo sarebbe precipitato non il 18 luglio bensì la sera del 27 giugno 1980, quindi poche ore dopo il disastro aereo di Ustica.

Ad avvalorare questa tesi, diverse testimonianze tra cui quelle di civili, militari, ufficiali e sott’ufficiali in servizio quella sera tra le stazioni radar di mezza Italia e a Monte Scuro, centro militare montano a 10 chilometri da Camigliatello Silano. Tra quelle significative, il racconto di Filippo Di Benedetto, al tempo caporale, che prestava servizio di leva presso la caserma Settimo di Cosenza; l’ex-caporale disse a Rosario Priore – giudice  incaricato di ricostruire il “puzzle” di Ustica -che il 28 giugno 1980, cioè il giorno successivo all’abbattimento dell’aereo DC-9 Itavia, era stato inviato per servizio insieme ad altri soldati nella zona di Castelsilano per piantonare un’aereo da guerra nella zona di Castelsilano.

LA TESTIMONIANZA: “FECI LA SENTINELLA A QUEL MIG 23”
da ‘La Repubblica’ del 18 novembre 1990

L’ex caporale che rilasciò un’ intervista a Repubblica sul Mig 23 caduto a Castelsilano e che si sospetta possa essere stato coinvolto nel disastro di Ustica, nell’ estate 1980, è stato interrogato, la settimana scorsa, dal giudice istruttore Rosario Priore. Si chiama Filippo Di Benedetto, ha 32 anni, è un geometra specializzato in bitumazioni a caldo e a freddo.

Dopo la sua deposizione al magistrato, l’ex caporale è stato intervistato dal settimanale l’Espresso che nel numero, in edicola da domani, dedica un ampio servizio sul caso Ustica. Di Benedetto racconta che il 28 giugno 1980, cioè il giorno successivo all’ abbattimento dell’ aereo Dc 9 Itavia con ottantuno persone a bordo, mentre prestava il servizio di leva presso la caserma Settimo di Cosenza, fu inviato insieme ad altri soldati nella zona di Castelsilano dove era caduto un aereo. Passammo una notte all’ addiaccio racconta e l’ aereo sembrava caduto da pochissimo tempo.

Il suo racconto fornisce moltissimi altri particolari importanti, uno dei quali si riferisce al pilota del caccia che, secondo il teste, era morto al suo posto di guida, inoltre il corpo fu portato via il giorno successivo all’ arrivo dei militari della caserma Settino. Era di fattezze europee spiega il testimone non sembrava certo un libico.

I carabinieri ci dissero di non preoccuparci che del corpo ci avrebbero pensato loro racconta nell’intervista all’ Espresso l’ ex caporale. Sul racconto del teste, il giudice Priore ha avviato alcune indagini. In particolare adesso si sta tentando di rintracciare i commilitoni che si recarono, insieme con Di Benedetto, in Calabria, sui monti della Sila, per stabilire in modo preciso se il Mig 23 sia coinvolto con il disastro di Ustica, l’ abbattimento del Dc 9 Itavia colpito da un missile la sera del 27 giugno 1980 sul mar Tirreno”.

Altro racconto, quello reso a ottobre 2013 per “l’Huffington Post” ad Andrea Purgatori (giornalista che all’epoca del disastro condusse su Ustica molte inchieste per il Corriere della Sera, ndr) dal maresciallo Giuseppe Dioguardi il quale rivelò: “[…] La sera del 27 giugno, due di noi si trovavano a Monte Scuro, sulla Sila. Dove poi furono rimandati il 18 luglio a vedere ufficialmente i resti del Mig che avevano già visto segretamente il 27 giugno[…]” Quì l’intervista integrale.

Molte altre testimonianze sono state rese in questi 34 anni. Tutte o quasi a confermare una verità sospettata da tempo. la sera del 27 giugno 1980 nei cieli di Ustica vi fu “guerra ad alta quota” in cui venne abbattuto l’aereo dell’Itavia con 81 persone a bordo. Probabilmente anche la Nato ha avuto un ruolo. Comunque non poteva non sapere. Sapeva e ha taciuto. Così come hanno taciuto quelle “autorità” che dovevano essere fedeli allo Stato in nome del popolo italiano.

Dunque, su Ustica “depistare” è stata la parola d’ordine. Depistare e sopprimere chiunque sapesse per non far affiorare la verità dalle torbide acque in cui si inabissò il Dc9. E’ il caso di una decina di morti “sospette” messe quasi tutte in relazione con la strage di Ustica.

Le morti sospette secondo l’inchiesta Priore. “Assassinati perché sapevano i segreti di Ustica”

«La maggior parte dei decessi che molti hanno definito sospetti, di sospetto non hanno alcunché. Nei casi che restano si dovrà approfondire […] giacché appare sufficientemente certo che coloro che sono morti erano a conoscenza di qualcosa che non è stato mai ufficialmente rivelato e da questo peso sono rimasti schiacciati». (Ordinanza-sentenza Priore, capo 4, pag. 4674)

Colonnelli Mario Naldini e Ivo Nutarelli: incidente aereo di Ramstein in Germania durante l’esibizione delle Frecce tricolori, 28 agosto 1988. I due ufficiali in servizio presso l’aeroporto di Grosseto all’epoca dei fatti, la sera del 27 giugno erano in volo su uno degli F-104 e lanciarono l’allarme di emergenza generale. La loro testimonianza sarebbe stata utile anche in relazione agli interrogatori del loro allievo, in volo quella sera sull’altro F-104, durante i quali, secondo l’istruttoria, è «apparso sempre terrorizzato».

Maresciallo Mario Alberto Dettori: trovato impiccato a Grosseto il 31 marzo 1987 in un modo definito “innaturale” dalla Polizia Scientifica. Mesi prima, preoccupato, aveva rovistato tutta la casa alla ricerca di presunte microspie. Riferiscono fosse in servizio la sera del disastro presso il radar di Poggio Ballone (Grosseto) e che avesse in seguito sofferto di «manie di persecuzione» relativamente a tali eventi. Confidò alla moglie: «Sono molto scosso… Qui è successo un casino… Qui vanno tutti in galera!». Dettori confidò con tono concitato alla cognata che “eravamo stati a un passo dalla guerra”.

Maresciallo Franco Parisi: trovato impiccato il 21 dicembre 1995, era di turno la mattina del 18 luglio 1980, data dell’incidente del MiG libico sulla Sila. Proprio riguardo alla vicenda del Mig erano emerse durante il suo primo esame testimoniale palesi contraddizioni; citato a ricomparire in tribunale, muore pochi giorni dopo aver ricevuto la convocazione. Nessuno è riuscito a stabilire se si sia trattato di omicidio.

Colonnello Pierangelo Tedoldi: incidente stradale il 3 agosto 1980; avrebbe in seguito assunto il comando dell’aeroporto di Grosseto.

Capitano Maurizio Gari: infarto, 9 maggio 1981; capo controllore di sala operativa della Difesa Aerea presso il 21º CRAM (Centro Radar Aeronautica Militare Italiana) di Poggio Ballone, era in servizio la sera della strage. Dalle registrazioni telefoniche si evince un particolare interessamento del capitano per la questione del DC-9 e la sua testimonianza sarebbe stata certo «di grande utilità all’inchiesta» visto il ruolo ricoperto dalla sala sotto il suo comando, nella quale, peraltro, era molto probabilmente in servizio il maresciallo Dettori. La morte appare naturale, nonostante la giovane età…

Giovanni Battista Finetti, sindaco di Grosseto: incidente stradale; 23 gennaio 1983. Era opinione corrente che avesse informazioni su fatti avvenuti la sera dell’incidente del Dc9 all’aeroporto di Grosseto. L’incidente in cui perde la vita, peraltro, appare casuale.

Maresciallo Ugo Zammarelli: incidente stradale; 12 agosto 1988. Era stato in servizio presso il SIOS di Cagliari, tuttavia non si sa se fosse a conoscenza d’informazioni riguardanti la strage di Ustica, o la caduta del MiG libico.

Maresciallo Antonio Muzio: omicidio, 1º febbraio 1991; in servizio alla torre di controllo dell’aeroporto di Lamezia Terme nel 1980, poteva forse essere venuto a conoscenza di notizie riguardanti il Mig libico, ma non ci sono certezze.

Ten. colonnello Sandro Marcucci: incidente aereo; 2 febbraio 1992. Marcucci era un ex pilota dell’Aeronautica militare coinvolto come testimone nell’inchiesta per la strage di Ustica. L’incidente fu archiviato motivando l’errore del pilota. Tuttavia, nel 2013 il pm di Massa Carrara, Vito Bertoni, riaprì l’inchiesta contro ignoti per l’accusa di omicidio. L’associazione antimafia “Rita Atria” denunciò che l’incidente non fu causato da una condotta di volo azzardata, come sostennero i tecnici della commissione di inchiesta, ma probabilmente da una bomba al fosforo piazzata nel cruscotto dell’aereo.

Maresciallo Antonio Pagliara: incidente stradale; 2 febbraio 1992. In servizio come controllore della Difesa Aerea presso il 32º CRAM di Otranto, dove avrebbe potuto avere informazioni sulla faccenda del MiG. Le indagini propendono per la casualità dell’incidente.

Generale Roberto Boemio: omicidio; 12 gennaio 1993 a Bruxelles. Da sue precedenti dichiarazioni durante l’inchiesta, appare chiaro che «la sua testimonianza sarebbe stata di grande utilità», sia per determinare gli eventi inerenti al DC-9, sia per quelli del Mig libico. La magistratura belga non ha risolto il caso.

Maggiore medico Gian Paolo Totaro: trovato impiccato alla porta del bagno, il 2 novembre 1994. Totaro era in contatto con molti militari collegati agli eventi di Ustica, tra i quali Nutarelli e Naldini.

Ustica vs Bologna

Questo è quanto accaduto nel corso degli anni per impedire che potesse venire a galla la verità. Ma oltre a quelle morti, cui nessuno finora ha tributato alcun onore di Stato, c’è un altro importante tassello che lega insieme due mesi di orrore: la strage di Bologna, uno dei progetti di morte più vili ed infami che la mente perversa e criminale dei servizi deviati potesse mai progettare: per distrarre l’attenzione sui fatti di Ustica gli 007 italo-francesi (e Occidentali, Nato) del tempo, complici apparati non identificati dello Stato, hanno organizzato il massacro di Bologna il 2 agosto del 1980, causando la morte indiscriminata di altri 85 innocenti.

STRAGE DI BOLOGNA - Per coprire Ustica hanno ucciso altre 80 persone
STRAGE DI BOLOGNA – Per depistare su Ustica hanno ucciso altre 80 persone

Una strage attribuita a “tavolino” ai neofascisti dei Nar. Era la stagione delle tensioni politiche e degli anni di piombo in cui i servizi segreti sono stati protagonisti indiscussi per garantire la “stabilità democratica” e anche per creare caos sociale e “tornaconti” al potere costituito. Tra Ustica e Bologna morirono 166 morti in tutto, cui si aggiungono le vittime “suicidate” che sapevano del Dc9 e del Mig abbattuto in Calabria. Chi mai pagherà per questi crimini di guerra? Il governo italiano dopo tante chiacchiere in questi trentaquattro anni, apra gli archivi secretati e riveli al mondo la verità.


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