29 Marzo 2024

Tangenti, Lupi non cede a pressioni. Guerini: “Chiarisca”. Il Gip: “Conti in Svizzera”

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Aggiornamento del 21 gennaio 2022: la posizione degli indagati citati nel presente articolo è stata archiviata dal tribunale di Firenze.

Il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi non retrocede di un millimitero rispetto alle pressioni che giungono da più parti nel mondo politico dopo lo scandalo delle presunte tangenti sui grand appalti. Stamane a margine della inaugurazione della fiera “Made Expo”, a Rho, l’esponente politico ha ribadito la sua innocenza.

“Chiederò scusa innanzitutto alla mia famiglia, ai miei amici, alle persone che credono in me e agli italiani se avessi fatto o fosse riscontrato abbia fatto qualsiasi gesto sbagliato e irresponsabile. Ma finché io ritengo di non avere mai fatto tutto ciò, la mia azione è lì. Quando si dimostrerà l’opposto ne prenderò immediatamente atto, perché sarebbe giusto chiedere scusa a tutti”.

Poi spiega che vuole “andare in Parlamento e riferire sulle scelte del ministero”, ha ancora detto: “Devo dare tutte le risposte politiche e individuali e la maggioranza valuterà sulle mie parole”.

Per il leader Ncd e ministro dell’Interno Angelino Alfano, “Maurizio Lupi è una persona perbene e onesta è questo è il punto di partenza. La magistratura ha ritenuto di non indagarlo e questo è un altro punto. Io penso che non essendoci questione giudiziaria, ma alcuni pongono il problema politico, c’è un luogo in cui dire tutto: il Parlamento. E io sono convinto sia giusto accelerare l’informativa in Parlamento”, ha detto Alfano intevenendo sulla questione.

“Lui è prontissimo – ha aggiunto – a informare il Parlamento, che è il luogo ideale per dare tutti i dettagli che, tra l’altro, Lupi ha già dato. Noi lo sosteniamo e abbiamo piena fiducia in lui”.

Alfano ha poi ha smentito Delrio che ieri parlava di una “riflessione del ministro sulle dimissioni”. Il ministro, ha detto Alfano “non ha pensato all’ipotesi dimissioni. Noi riteniamo corretto non perdere tempo sull’informativa in Parlamento”.

A ritenere necessario un intervento in Parlamento, per chiarire i fatti, anche oggi il Pd, con le parole del vicesegretario Lorenzo Guerini: “Sicuramente il Parlamento è interessato a capire. E’ giusto che il ministro Lupi spieghi la situazione che si è venuta a determinare. Vedremo, vedremo nelle prossime ore”.

Intanto emergono nuovi elementi sull’inchiesta di Firenze che ha portato in carcere il manager del ministero dei Trasporti, Ercole Incalza.

Secondo il gip, sarebbe stato proprio il ministro Lupi (come il figlio, non indagato) a chiedere al burocrate di incontrare Luca per cercare una soluzione lavorativa. Incalza, secondo le intercettazioni dei carabinieri del Ros si sarebbe attivato informando Stefano Perotti. A distanza di qualche settimana dalla richiesta, a fine gennaio 2014, il figlio del ministro ottiene un incarico in un cantiere dell’Eni dove anche Perotti aveva ricevuto l’incarico della direzione dei lavori.

Ma le collaborazioni non finiscono lì. Il Gip, nell’ordinanza di custodia per i quattro arrestati scrive: “L’aiuto fornito da Stefano Perotti a Luca Lupi non è limitato al conferimento dell’incarico sopra descritto. Il 4 febbraio 2015 Perotti chiede all’amico Tommaso Boralevi che lavora negli Stati Uniti, di dare assistenza ad un loro ingegnere che al momento lavora presso lo studio Mor e verrà impiegato a New York. E dice: “Lavorerà in una prima fase per lo studio Mor come commerciale per cercargli delle opportunità eccetera. Gli abbiamo dato anche noi un incarico collegato per le nostre attività di direzione lavori, management, te lo volevo mettere in contatto che sicuramente tu che sei una specie di motore acceso, qualche dritta gliela puoi dare no?”.

CONTI IN SVIZZERA – Nelle carte dell’inchiesta “Sistema”, ci sono riferimenti anche a conti in Svizzera, che sembrerebbero smentire l’avvocato Titti Madia che ieri aveva parlato dell’assenza della “materia prima della corruzione: i soldi”.

Il magistrato fiorentino scrive: “Nel caso in esame una direzione dei lavori ha assunto, grazie a un collaudato sodalizio criminale, la funzione di mero strumento per far transitare su società e soggetti privati enormi somme di denaro (per compensi non inferiori all’1 per cento dell’importo dei lavori appaltati, ma in molti casi fino addirittura al 3 per cento), prive di sostanziale giustificazione quanto alle prestazioni professionali realmente rese, ed inquadrabili piuttosto nel prezzo di una dazione corruttiva, ossia di utilità illecite in favore del sodalizio medesimo, costituite dallo stesso conferimento dell’incarico professionale di direzione lavori, e spesso anche da una miriade di assunzioni od incarichi di consulenza collaterali alla gestione dell’appalto, del tutto fittizi, in favore “di amici degli amici” del pubblico ufficiale o di suoi prestanome o accoliti”.

LA PISTA – Riporta il Corriere della Sera, che proprio per rintracciare questi soldi che, dice l’accusa, sono finiti a Incalza e Perotti, si continua a battere due piste. La prima si concentra sugli affari della società «Green Field System». L’altra porta in Svizzera e in particolare alla Banca Julius Baer & Co. Sa con sede in Lugano, dove Christine Mor, moglie di Perotti, risulta avere un conto movimentato con un trasferimenti di denaro in Italia nel febbraio 2014, tanto da essere indagata per riciclaggio. I carabinieri del Ros hanno documentato alcuni viaggi in territorio elvetico della coppia e adesso si concentrano proprio su queste trasferte.

GIP: “GESTIONE AFFARI DA 25 MILIARDI DI EURO”
“Un direttore dei lavori compiacente verso l’impresa esecutrice delle opere” ciò ha consentito “sistematicamente che l’importo dei lavori delle grandi opere si gonfiasse a dismisura”. Questo il meccanismo, secondo il pm di Firenze, in base al quale funzionava l’organizzazione facente capo a Incalza. E’ sempre lui, infatti, “che suggerisce all’appaltatore il nome del direttore dei lavori, nome che “casualmente” – scrive il pm – è sempre lo stesso”, quello di Stefano Perotti. “Il nome di questo professionista – aggiunge il pm – è la chiave di lettura delle vicende delle grandi opere italiane degli ultimi vent’anni, delle ragioni delle lungaggini, della lievitazione dei costi, dell’assenza dei controlli nella regolazione dei subappalti”. Un professionista, “socio di affari di Incalza” che “ha gestito appalti attraverso gli incarichi di direzione dei lavori per almeno 25 miliardi di euro”.


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