28 Marzo 2024

‘Ndrangheta, sgominato clan Crea. Dai pizzini alla testa di maiale. NOMI/FOTO/VIDEO

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Le foto degli arrestati nell’operazione Big Bang dei Carabinieri a Torino. Nella prima riga, da sinistra Adolfo, Aldo Cosimo e Luigi Crea

TORINO – Operazione contro la ‘ndrangheta dei carabinieri di Torino. Venti gli arresti eseguiti, tra il capoluogo piemontese e Reggio Calabria. Nel mirino i fratelli Adolfo e Aldo Cosimo Crea, considerati dagli investigatori espressione di vertice nel capoluogo piemontese della “Ndrangheta reggina, entrambi con il grado di “padrino”. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono quelli di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata a estorsioni, usura, traffico di droga e gestione di bische clandestine.

Eseguite 41 perquisizioni domiciliari e sequestrati beni tra cui 7 unità immobiliari, 6 automezzi, 11 rapporti bancari, 2 cassette di sicurezza, 1 licenza commerciale, 2 società con 3 sedi operative.

Nell’inchiesta, coordinata dalla Dda presso la procura di Torino, sono emersi pesanti atti intimidatori da parte degli arrestati. Ad una vittima di estorsione è stata recapitata, ad esempio, una testa mozzata di maiale con l’avviso che “la prossima sarebbe stata la sua”.

Dall’inchiesta sfociata nell’operazione di oggi, denominata “Big bang” (nome di un locale gestito dalla cosca di ‘ndrangheta), è emerso che le riunioni si svolgevano nel dehor di un bar del quartiere San Paolo, dove avvenivano anche le consegne di denaro.

Durante le indagini, gli arrestati sono stati pedinati e ripresi dai carabinieri per diversi mesi, durante le riunioni che si svolgevano nel dehor del locale “Big bang”, ritenuto la base operativa del gruppo che per gli “associati” era il loro “luogo di lavoro”.

Nell’area del Quartiere San Paolo, avvenivano in pieno giorno le consegne, da parte degli indagati, di denaro provento delle attività economiche controllate dal gruppo. Non solo, c’erano infatti anche le consegne da parte delle vittime di denaro loro estorto, tra cui giocatori d’azzardo, imprenditori, artigiani e negozianti.

VIDEO 

Agli indagati è stata contestata la violazione dell’articolo 416 bis del Codice Penale “per aver fatto parte si legge nell’ordinanza – dell’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta, e segnatamente di un’articolazione della predetta associazione, attiva prevalentemente in Torino, resa nuovamente operativa, quantomeno a far data dal giugno 2014, collegata con le strutture organizzative insediate in Calabria e dotata di propria autonomia e capacità d’azione tale per cui i componenti si avvalevano della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne derivava, per commettere reati, per acquistare in modo indiretto il controllo di attività economiche e di autorizzazioni commerciali e per realizzare profitti e vantaggi economici ingiusti”.

I NOMI DEGLI ARRESTATI

Adolfo Crea, 44 anni; Aldo Cosimo Crea, 41 anni; Luigi Crea, 21 anni; Paolo Varsalona, 24 anni; Franco Spina, 49 anni; Mario Convertino, 51 anni;  Gianluca Arcadi , 37 anni; Silvestro Arcadi, 41 anni; Mario Crea, 33 anni;  Santo Mossucca, 49 anni; Antonio Lanzafame, 45 anni; Massimiliano Ungaro, 41 anni; Antonio Samà, 47 anni; Antonio Pedullà, 45 anni; Natale Genovese, 60 anni; Giuseppe Scavone, 38 anni;  Francesco Fiorito, 52 anni;  Roberto Barbera, 36 anni

In particolare, spiega la procura di Torino, l’attività d’indagine si è sviluppata a partire dal giugno 2014 con sistemi tradizionali e senza il supporto di collaboratori di giustizia. La Procura della Repubblica e i Carabinieri sono partiti dall’attività di traffico di stupefacenti organizzato dai fratelli Adolfo e Aldo Cosimo Crea, inizialmente detenuti perché tratti in arresto l’8 giugno del 2011 nel corso dell’operazione “Minotauro”, accertando che gli indagati comunicavano tra di loro sia con i cosiddette “pizzini”, che con puntualità venivano distrutti subito dopo essere stati letti dai destinatari, sia con smartphone di ultima generazione. Sono state intercettate oltre 263mila telefonate.

In particolare, già dal carcere di Voghera e poi all’atto della loro remissione in libertà (avvenuta nel mese di febbraio 2014 per Aldo Cosimo Crea e nel mese di Giugno 2015 per  Adolfo Crea) i due citati fratelli, considerati espressione di vertice nel capoluogo piemontese della “Ndrangheta reggina, entrambi con il grado di “padrino”, hanno aggregato pregiudicati già noti, parenti e nuovi giovani emergenti nel contesto criminale cittadino, avviando attività tipiche del controllo mafioso del territorio.

IL GRAFICO

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La rete riconducibile al gruppo Crea

Secondo le accuse, il gruppo familiare, intimidendo anche altri pregiudicati con la forza dell’appartenenza al sodalizio ‘ndranghetista, ha sviluppato un consistente volume di attività nel traffico di stupefacenti, ma soprattutto nelle estorsioni sia direttamente a imprenditori, sia a vittime di usura, sia a soggetti indebitati nelle case da gioco gestite dal sodalizio. I proventi delle attività illecite venivano investiti nell’espansione del volume di affari delittuosi, ma anche per garantire agli affiliati un livello di vita idoneo a dimostrare a tutti il potere mafioso da loro raggiunto ed esercitato.

Particolarmente pesanti sono risultate le modalità di minaccia delle vittime (una ventina quelle individuate, nessuna delle quali ha volontariamente inteso denunciare i fatti); in un caso, addirittura, è stata inviata ad un destinatario una testa mozzata di suino, con l’avviso che la “prossima sarebbe stata quella dell’estorto”.

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La testa mozzata di un maiale utilizzata dal gruppo per intimidire

Il gruppo criminale aveva inoltre disponibilità di armi ed è stata sequestrata, sempre nella fase delle precedenti indagini, una consistente quantità di stupefacenti, a dimostrazione della capacità operative del sodalizio.

Infine, nel corso delle precedenti attività investigative, sono state arrestate 11 persone in flagranza di reato, sequestrati oltre 50 Kg di stupefacenti (cocaina, hashish e marijuana) ed è stata individuata una piantagione di marijuana. Sono stati filmati per diversi mesi dai Carabinieri  quotidiani incontri degli associati nel dehor di un bar ritenuto la base operativa del gruppo (tanto che gli stessi affiliati lo definivano “luogo di lavoro”); in quel luogo e nella via prospiciente, dove si svolge il frequentato mercato rionale del quartiere San Paolo, avvenivano in pieno giorno le consegne da parte degli indagati di denaro provento delle attività economiche controllate dal gruppo, ovvero consegne da parte delle vittime (giocatori d’azzardo, imprenditori, artigiani e negozianti, per un totale di almeno 20 unità) di denaro loro estorto.

Le riprese relative a tali incontri sono molto significative perché consentono di apprezzare il c.d. metodo mafioso attuato dai Crea. L’auspicio della Procura è che altre vittime di questi odiosi atti minatori trovino la forza di denunciare quanto subìto, invitandoli ad assumere l’atteggiamento che rappresenta il solo modo di arrestare e vincere il diffondersi della cultura mafiosa anche in Piemonte.


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