
L’imprenditore trapanese Vito Nicastri è stato condannato dal Gup, in abbreviato, per concorso esterno in associazione mafiosa, a nove anni di carcere. Nicastri, soprannominato il “Re dell’Eolico” per i suoi investimenti nelle energie rinnovabili, secondo l’accusa sarebbe stato tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro.
L’imprenditore Nicastri avrebbe ammesso un presunto giro di tangenti ma non i legami con la mafia da cui si è sempre detto assolutamente estraneo.
Il nome di Nicastri era emerso nei mesi scorsi nell’ambito di una inchiesta che ha coinvolto il “socio” Francesco Paolo Arata, ex parlamentare di Forza Italia, indagato per corruzione.
L’indagine, coordinata dalla Dda di Palermo, ha svelato un giro di presunte mazzette alla Regione siciliana finalizzate ad agevolazioni nelle pratiche relative agli investimenti nelle energie rinnovabili.
Nell’ambito dell’inchiesta è emersa anche una presunta tangente che Arata avrebbe pagato all’ex sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri per la presentazione di un emendamento favorevole alle imprese che si occupano di energie alternative, indagine trasmessa a Roma. L’emendamento non poi stato mai presentato da Siri.