28 Marzo 2024

Arresto di Messina Denaro, procuratore: “Latitanza boss favorita anche da certa borghesia”

Indagini ad ampio raggio per scoprire rete di protezioni che coinvolge livelli più in alto. Le condizioni di salute del boss, malato di tumore al colon con metastasi "sono compatibili con il carcere", dicono gli inquirenti. Matteo Messina Denaro è stato bloccato in strada, nei pressi di un ingresso secondario della clinica. Il capomafia non ha opposto resistenza agli specialisti di Ros e Gis

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Le protezioni e le coperture che ha avuto il super boss Matteo Messina Denaro durante la sua trentennale latitanza potrebbero andare oltre i classici fiancheggiatori mafiosi. Gli inquirenti pensano che il livello sia molto più in alto dei semplici gregari: colletti bianchi e similari. Ne è convinto il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia che in conferenza stampa a Palermo sull’arresto del super latitante ha affermato che “c’è stata certamente una fetta di borghesia che negli anni ha aiutato Messina Denaro e le nostre indagini ora stanno puntando su questo”.

Sull’arresto di Messina Denaro la certezza di poterlo catturare è arrivata tre giorni fa. I magistrati palermitani, che da tempo seguivano la pista, hanno dato il via libera per il blitz. I carabinieri del Gruppo investigazioni speciali (Gis) erano già alla clinica Maddalena dove, da un anno, Messina Denaro si sottoponeva alla chemioterapia per il suo tumore al colon. Il boss, che aveva in programma dopo l’accettazione fatta con un documento falso col nome di Andrea Bonafede, prelievi, la visita e la cura, era all’ingresso. La clinica intanto è stata circondata dai militari del Ros, col volto coperto, davanti a decine di pazienti. Un carabiniere si è avvicinato al capomandamento trapanese e gli ha chiesto come si chiamasse. “Mi chiamo Matteo Messina Denaro”, ha risposto il boss.

Dopo il blitz nella clinica, l’ormai ex superlatitante è stato trasferito prima nella caserma San Lorenzo, poi all’aeroporto di Boccadifalco per essere portato in una struttura carceraria di massima sicurezza. La stessa cosa accadde al boss Totò Riina, arrestato il 15 gennaio di 30 anni fa. Insieme a Matteo Messina è stato arrestato anche Giovanni Luppino, di Campobello di Mazara (Tp), accusato di favoreggiamento. Avrebbe accompagnato il boss alla clinica per le terapie. Luppino è incensurato ed è commerciante di olive.

I carabinieri hanno sequestrato tutte le cartelle cliniche relative al boss Matteo Messina Denaro alias Andrea Bonafede nella clinica “La Maddalena” a Palermo. Nelle cartelle, anche sotto forma di file, c’è tutto il percorso medico del paziente operato a Marsala prima per tumore al colon poi nella clinica palermitana per metastasi al fegato.

Per l’arresto “seguito il metodo Dalla Chiesa”
“Matteo Messina Denaro è stato catturato grazie al metodo Dalla Chiesa, cioè la raccolta di tantissimi dati informativi dei tanti reparti dei carabinieri, sulla strada, attraverso intercettazioni telefoniche, banche dati dello Stato, delle regioni amministrative per portare all’arresto di questa mattina”, ha detto il comandante dei carabinieri Teo Luzi, arrivato a Palermo. “Una grande soddisfazione perché è un risultato straordinario – aggiunge Luzi -. Messina Denaro era un personaggio di primissimo piano operativo, ma anche da un punto di vista simbolico perché è stato uno dei grandi protagonisti dell’attacco allo Stato con le stragi. Risultato reso possibile dalla determinazione e dal metodo utilizzato. Determinazione perché per 30 anni abbiamo voluto arrivare alla sua cattura soprattutto in questi ultimi anni con un grandissimo impiego di personale e di ricorse strumentali”. “Un risultato – conclude Luzi – grazie al lavoro fatto anche dalle altre forze di polizia particolare dalla polizia di Stato.

La lotta a cosa nostra prosegue. Il cerchio non si chiude. E’ un risultato – afferma Pasquale Angelosanto, comandante del Ros, nella conferenza stampa a Palermo sull’arresto di Matteo Messina Denaro – che dà coraggio che ci dà nuovi stimoli ad andare avanti e ci dà metodo di lavoro per il futuro, la lotta alla criminalità organizzata è uno dei temi fondamentali di tutti gli stati”. “E’ il risultato – aggiunge il generale Angelosanto – di un lavoro corale che si è svolto nel tempo, che si è basato sul sacrificio dei carabinieri in tanti anni. L’ultimo periodo, quelle delle feste natalizie, i nostri lo hanno trascorso negli uffici a lavorare e a mettere insieme gli elementi che ogni giorno si arricchivano sempre di più e venivano comunicati. La Procura era aperta anche all’antivigilia, è stato uno sforzo corale”.

Le fasi dell’arresto
Matteo Messina Denaro è stato bloccato in strada, nei pressi di un ingresso secondario della clinica La Maddalena. Lo hanno spiegato i carabinieri del Ros nel corso della conferenza stampa sull’arresto del boss di Cosa Nostra, spiegando che il blitz è scattato quando “abbiamo avuto la certezza che fosse all’interno della struttura sanitaria”. Quando è stato bloccato, hanno aggiunto, Messina Denaro “non ha opposto alcuna resistenza” e “si è subito dichiarato, senza neanche fingere di essere la persona di cui aveva utilizzato l’identità”.

Alla domanda se Messina Denaro abbia tentato la fuga, gli investigatori hanno affermato di “non aver visto tentativi di fuga” anche se, hanno aggiunto, “sicuramente ha cercato di adottare delle tutele una volta visto il dispositivo che stava entrando nella struttura”. “Fino a ieri era certamente il capo della provincia di Trapani, da domani vedremo”. Così il procuratore aggiunto Paolo Guido sugli assetti dei vertici di Cosa nostra dopo l’arresto di Messina Denaro.

“Abbiamo catturato l’ultimo stragista responsabile delle stragi del 1992-93”, ha poi detto il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia aprendo la conferenza stampa per l’arresto di Matteo Messina Denaro. “Siamo particolarmente orgogliosi del lavoro portato a termine questa mattina che conclude un lavoro lungo e delicatissimo. E’ un debito che la Repubblica aveva con le vittime della mafia che in parte abbiamo saldato”.

“Catturare un latitante pericoloso senza ricorso alla violenza e senza manette è un segno importante per un paese democratico”, ha proseguito il procuratore De Lucia. “Allo stato non abbiamo elementi per parlare di complicità del personale della clinica anche perché i documenti che esibiva il latitante erano in apparenza regolari, ma le indagini sono comunque partite ora” ha aggiunto il procuratore.

Il boss “ci è apparso in buona salute e di buon aspetto non ci pare che le sue condizioni siano incompatibili con il carcere”, ha affermato dal canto suo il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido in conferenza stampa. “Era di buon aspetto, ben vestito, indossava capi di lusso ciò ci induce a dire che le sue condizioni economiche erano buone”, ha aggiunto. “Ovviamente sarà curato come ogni cittadino ha diritto essere curato”, ha concluso.

Al momento della cattura indossava anche un orologio molto particolare del valore di 30-35mila euro. “C’è stata certamente una fetta di borghesia che negli anni ha aiutato Messina Denaro e le nostre indagini ora stanno puntando su questo”, ha detto il procuratore Maurizio De Lucia durante la conferenza stampa sulla cattura del boss.

Chi è il fiancheggiatore-autista di Messina Denaro
E’ un commerciante di olive, agricoltore di mestiere, incensurato. È il profilo di Giovanni Luppino, l’uomo arrestato stamattina insieme al superlatitante Matteo Messina Denaro. È stato lui a portarlo in macchina presso la clinica privata di Palermo per le cure. Luppino è di Campobello di Mazara, paese vicino a Castelvetrano, città natale del boss. Da qualche tempo gestiva, insieme ai figli, un centro per l’ammasso delle olive cultivar Nocellara del Belìce proprio alla periferia di Campobello di Mazara. La sua funzione era quello di intermediario tra i produttori e i grossi acquirenti che, in zona, arrivano dalla Campania.

L’ arresto di Matteo Messina Denaro in una clinica oncologica è coerente con risultati investigativi, anche molto datati che lo indicavano affetto da serie patologie. Tracce del boss superlatitante risalenti al gennaio del 1994, lo collocavano infatti in Spagna, a Barcellona, dove si sarebbe sottoposto, presso una nota clinica oftalmica, ad un intervento chirurgico alla retina. Ma non solo: avrebbe accusato – sempre secondo risultanze investigative di alcuni anni fa- una insufficienza renale cronica, per la quale avrebbe dovuto ricorrere a dialisi. Per non rischiare l’arresto durante gli spostamenti per le cure ed i trattamenti clinici, il boss avrebbe installato nel suo rifugio le apparecchiature per la dialisi. Una importante conferma sulle patologie accusate dal superlatitante giunse nel novembre scorso dal pentito Salvatore Baiardo, che all’inizio degli anni ’90 gestì la latitanza dei fratelli Graviano a Milano. In un’intervista televisiva, su La7 a Massimo Giletti il pentito rivelo’ che Matteo Messina Denaro era gravemente malato e che proprio per questo meditava di costituirsi.

“Questo è il risultato di anni di indagini di questo ufficio e delle forze di polizia che hanno prosciugato la rete dei favoreggiatori del boss Messina Denaro”. Lo ha detto il procuratore aggiunto Paolo Guido che, insieme al procuratore Maurizio de Lucia, ha coordinato l’indagine per la cattura del capomafia di Castelvetrano. “Questo – ha aggiunto Guido – è anche il frutto di un difficile e complesso lavoro di coordinamento tra le forze di polizia che in questo momento devono essere tutte ringraziate”.


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