29 Marzo 2024

Spagna, sfiduciato Rajoy. Nuovo premier Pedro Sanchez

Rajoy messo nell'angolo dopo la sentenza nel "caso Gurtel" su presunta corruzione. Il capo dell'opposizione, debole in parlamento, prepara il blitz e ci riesce grazie a pochi voti

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Pedro Sanchez
Pedro Sanchez

Il leader socialista spagnolo Pedro Sanchez ha prestato giuramento come premier. La cerimonia si è svolta a Palazzo Zarzuela, all’indomani del voto di sfiducia al predecessore Mariano Rajoy. Sanchez, 46 anni, è il settimo presidente del consiglio spagnolo dopo il ritorno alla democrazia. Il premier si è recato alla Moncloa, sede del governo, per lavorare al nuovo esecutivo.

“Si apre una pagina nuova nella storia del nostro Paese”, aveva detto due giorni fa il leader socialista Pedro Sanchez alla ripresa del dibattito sulla sfiducia al premier conservatore Mariano Rajoy. Con la caduta del premier uscente, Sanchez è diventato il nuovo capo del governo spagnolo. Il leader socialista ha aggiunto davanti al Congresso che il suo esecutivo garantirà il rispetto degli impegni presi con l’Europa e la stabilità.

Il premier uscente spagnolo Mariano Rajoy in un breve intervento dalla tribuna del Congresso poco prima del voto della sfiducia si è congratulato con il leader socialista Pedro Sanchez, che è diventato il nuovo capo del governo: “da democratico accetterò il risultato del voto”. Rajoy ha detto che “è stato un onore essere presidente del governo, e avere lasciato una Spagna migliore”.

Uno tsunami politico senza precedenti, in Spagna, dalla fine della dittatura: la caduta di un premier in esercizio abbattuto da un blitz parlamentare inedito e la sua immediata sostituzione con il capo dell’opposizione. La molto probabile fine politica di Mariano Rajoy, 63 anni, premier dal 2011, è stata segnata ieri dalla decisione del partito nazionalista basco Pnv di portare i suoi 5 voti al campo della sfiducia pilotato dal leader socialista, e candidato premier alternativo, Pedro Sanchez.

Pedro Sanchez
Mariano Rajoy (Ansa/Epa)

La mozione di sfiducia – La mozione di censura presentata da ‘Pedro el Guapo’ (‘Pedro il Bello’), 46 anni, dovrebbe ottenere oggi al termine del dibattito iniziato ieri nel Congresso i 176 voti su 350 necessari per buttare giù il premier e mettere al suo posto il leader Psoe. La sola mossa che potrebbe cambiare questo scenario scontato dopo la mossa dei baschi sarebbe che Rajoy si dimettesse prima del voto, bloccando la sfiducia e la nomina automatica di Sanchez. Così rimarrebbe in carica per gli affari correnti fino all’investitura di un nuovo premier.

E’ quanto gli ha chiesto fino all’ultimo il leader di Ciudadanos Albert Rivera. Rajoy però, secondo fonti della Moncloa, non intende farlo. Il premier è stato messo nell’angolo da Sanchez dopo la sentenza nel “caso Gurtel” sulla trama di corruzione politica vicina al Pp del suo predecessore José Maria Aznar. Per la prima volta in Spagna i giudici hanno condannato per corruzione un partito, quello popolare. Sanchez ha coagulato sul rigetto di Rajoy quella che il premier ha chiamato “l’armata Frankenstein”.

Con gli 85 deputati di area Psoe si sono schierati i 71 di Podemos, i 17 separatisti catalani e i 2 baschi di Bildu, e ieri, con l’ultimo colpo di scena che ha dato la spallata finale al premier, i 5 del Pnv. In tutto 180 su 350. Un’ipotetica coalizione ingovernabile. Sanchez però vuole ispirarsi al ‘modello portoghese’. A Lisbona il premier socialista Antonio Costa governa in minoranza con l’appoggio della sinistra radicale. Contro la sfiducia dovrebbero votare solo i 138 Pp e alleati, e i 32 di Ciudadanos, l’ex alleato del premier che lo ha mollato negli ultimi giorni chiedendo a gran voce elezioni immediate.

Rajoy ha dato battaglia fino all’ultimo. Nel faccia a faccia con Sanchez è stato più incisivo, graffiante di ironia. Dopo l’annuncio del Pnv, pare aver gettato la spugna. Nel pomeriggio ha disertato l’emiciclo lasciando campo libero a Sanchez che, dopo avere per mesi appoggiato la linea del pugno di ferro di Madrid contro la Catalogna ribelle, ieri ha teso la mano ai separatisti. Ha promesso dialogo “per una soluzione politica a una crisi politica” in Catalogna, ha garantito il bilancio 2018 di Rajoy e il mezzo miliardo di investimenti per il Paese Basco ottenuti dal Pnv. Da lunedì Sanchez dovrebbe essere il nuovo premier. Non è chiaro come governerà e per quanto tempo. Ha detto di volere un governo socialista, nonostante l’offerta di una coalizione con Podemos. Parte con i soli 84 deputati Psoe, sarebbe il governo più minoritario della Spagna moderna.


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