31 Maggio 2023

Israele in piazza dopo la Riforma della Giustizia. Netanyahu sospende tutto

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Una massiccia protesta contro la politica del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del suo governo è in corso in Israele, dove quasi centomila persone si sono radunate davanti all’edificio della Knesset (parlamento israeliano) a Gerusalemme.

Proteste diffuse sono in corso in tutto lo stato ebraico da quasi 24 ore. Le manifestazioni si sono intensificate dopo che il 26 marzo Netanyahu ha licenziato il ministro della Difesa Yoav Gallant, che aveva pubblicamente chiesto la sospensione della riforma della giustizia promossa dalla coalizione di governo.

Secondo gli oppositori del governo, il piano di revisione, che limita i poteri della Corte Suprema e mette il ramo esecutivo nel controllo della selezione dei giudici, minerà le basi democratiche dello stato israeliano. Netanyahu, a sua volta, insiste sul fatto che il piano bilancerà i poteri di tutti i rami del governo, rendendo il sistema politico del Paese più democratico.

Netanyahu continua a consultarsi con i partner della coalizione sui prossimi passi da compiere. La stazione radio statale di Kan ha riferito lunedì che il primo ministro stava valutando la possibilità di sospendere il piano di revisione.

Dopo le intense proteste il premier Netanyahu ha deciso di sospendere la seconda e terza lettura alla Knesset della riforma della giustizia e dare “tempo” per un esame allargato nella prossima sessione parlamentare per “raggiungere un’intesa”, ha fatto sapere il capo del governo in un discorso alla nazione. Netanyahu ha giustificato la decisione in “nome della responsabilità nazionale”, ma ha ribadito che “la riforma va fatta”.

Dopo aver ricordato l’episodio biblico delle due mamme che rivendicano davanti Re Salomone il figlio e la scelta di una di loro che non vuole fare a pezzi il piccolo, Netanyahu ha detto che “non vuole fare a pezzi il popolo”. “Ho fatto appello al dialogo e ricordo che non ci troviamo di fronte a nemici ma a fratelli. Non ci deve essere guerra civile”. Quindi ha attaccato “una minoranza di estremisti pronta a lacerare il Paese, che usa violenza, appicca il fuoco, fomenta la guerra civile e fa appello alla disobbedienza”.

“Israele – ha sottolineato Netanyahu – non può esistere senza esercito, la disobbedienza è la fine del nostro Stato. Esigo dai capi dell’esercito di opporsi a questa e non mostrare comprensione, va fermata”. “Ieri ho letto la lettera di Benny Gantz che si impegna in un dialogo e lo faccio anch’io. C’è la possibilità di prendere tempo. Do l’occasione per un dialogo, vogliamo fare gli aggiustamenti necessari”.

“Mi presenterò al dialogo, nella residenza del capo dello Stato Isaac Herzog, con cuore aperto e anima sincera”: lo ha affermato Benny Gantz, leader del partito centrista Mahane Mamlachti’, accogliendo così l’appello lanciato in precedenza dal premier Benyamin Netanyahu. “Dobbiamo opporci ad una guerra civile”, ha aggiunto, “dire no alla violenza e sì ad accordi e dialogo. Sosterrò ogni iniziativa giusta di dialogo, ma non faremo compromessi sui principi della democrazia”. Anche Yair Lapid, leader del partito centrista Yesh Aitd, ha detto di essere disposto ad intavolare un dialogo sotto l’egida di Herzog.

Si allarga la protesta popolare contro la riforma giudiziaria voluta dal governo Netanyahu innescata ieri dal licenziamento del ministro della difesa Yoav Gallant. All’aeroporto Ben Gurion sono bloccati tutti i decolli, su iniziativa del sindacato dei suoi dipendenti. Alla protesta si è unita la compagnia El Al. Circa 80 mila israeliani – secondo stime della polizia – si sono radunati di fronte alle cancellate della Knesset per protestare contro la riforma giudiziaria avviata dal governo Netanyahu e contro il licenziamento del ministro della difesa Yoav Gallant. Su un palco improvvisato si sono alternati i principali leader della opposizione parlamentare, fra cui Yair Lapid, Benny Gantz e Avigdor Lieberman. La manifestazione, che sembra volgere al termine, si è svolta finora senza incidenti. Fra poco, in un parco vicino alla Knesset, affluiranno invece i sostenitori della destra nazionalista che sperano di radunare anch’essi una folla significativa.

‘Potenza ebraica’, il partito di estrema destra di Itamar Ben Gvir, ha detto di essere disponibile a rinviare la riforma fino alla ripresa della Knesset, dopo la Pasqua ebraica, a patto che il governo esamini subito la creazione di una ‘Guardia nazionale’ sotto la guida dello stesso Ben Gvir. Lo riferiscono i media secondo cui ‘Potenza ebraica’ ha diffuso una lettera con l’impegno in questo senso firmata dal premier Benyamin Netanyahu al termine dell’incontro con Ben Gvir. “Ho accettato di rimuovere il mio veto – ha scritto – in cambio di questo impegno”.

Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze e leader di Sionismo religioso, non intende rinunciare alla riforma giudiziaria. “Non dobbiamo fermare per alcun motivo la riforma. Siamo la maggioranza – ha affermato su Twitter -, non dobbiamo arrenderci alla violenza, all’anarchia, agli scioperi selvaggi, alla disobbedienza. Ci troviamo tutti alle 18 alla Knesset. Non consentiremo che ci rubino i nostri voti e il nostro Stato”. Anche Ben Gvir ha annunciato di partecipare alla manifestazione.

Due manifestanti antiriforma sono riusciti ad entrare alla Knesset ed hanno contestato il ministro dell’educazione Yoav Kish gridandogli di dimettersi, riportano i media secondo cui i due sono stati poi allontanati dalla sicurezza del luogo. Davanti il Parlamento si sta svolgendo la manifestazione di protesta indetta dalle organizzazioni anti riforma.

Il sindacato nazionale Histadrut ha dato indicazione a tutti i dipendenti del governo di scioperare, comprese tutte le missioni diplomatiche israeliane nel mondo. Lo scrive il Times of Israel. Un portavoce dell’ambasciata israeliana negli Stati Uniti conferma che la sede è stata chiusa fino a nuovo avviso. E anche l’ambasciata israeliana a Roma annuncia su Twitter che da oggi è chiusa e non saranno forniti i servizi consolari.

Il premier Benyamin Netanyahu ha visto, tra gli altri leader della maggioranza, il ministro della Sicurezza nazionale e leader di estrema destra Itamar Ben Gvir. Secondo le ultime informazioni, Ben Gvir avrebbe detto che potrebbe dimettersi se il premier decidesse di fermare la riforma giudiziaria. Ma continuerebbe in ogni caso ad appoggiare dall’esterno la coalizione di maggioranza. Nel frattempo sia il ministro della giustizia Yariv Levin – uno degli architetti della riforma – sia quello degli esteri hanno fatto sapere che accetteranno qualunque decisione il premier possa prendere. Lo stesso ha preannunciato Aryeh Deri, il leader del partito religioso Shas.


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