Mentre Forza Italia con Silvio Berlusconi si schiera apertamente per Mario Draghi, da Salvini arrivano timide aperture e afferma che vuole prima “ascoltare per poi valutare” le proposte del premier incaricato. Il leader del Carroccio non dice “no a prescindere”, ma dice che se nell’incontro con l’ex governatore gli vengono proposti progetti come difesa dei confini, immigrazione, flat tax, lavoro, economia, tema cartelle esattoriali, il ponte sullo Stretto e lo sblocco di grandi opere, ha fatto intendere che potrebbe convergere.
Fratelli d’Italia, visto lo scenario che si va delineando, con il centrodestra di fatto spaccato, tende a svincolarsi e ritiene di astenersi nel voto di fiducia, così da restare all’opposizione. Il leader leghista attacca alcuni esponenti della sinistra radicale che avevano detto “no” all’ipotesi di un governo Draghi sostenuto dai “sovranisti”.
Intanto, Beppe Grillo, che ieri aveva affermato “Leali a Conte, mai con Draghi”, oggi dopo una serie di telefonate con i suoi, fa retromarcia e apre all’ipotesi di un sostegno a Draghi, a patto però che la squadra sia politica.
Il garante del M5s sposa la stessa linea adottata nel 2019, quando portò i cinquestelle all’alleanza con il Pd. Dopo aver detto, martedì scorso, agli ormai ex ministri che lo avevano sentito, ‘mai con Draghi, avanti con Conte’, ieri ha capito che il Movimento era in un vicolo cieco, assistendo, da lontano, a un’assemblea congiunta trasformata in uno sfogatoio. E così il garante ha deciso di cambiare gioco, anche per “rispetto del Colle” che ha invocato “responsabilità” di tutti i gruppi presenti in parlamento.
Grillo – secondo quanto riporta l’Adnkronos che cita fonti del movimento -, avrebbe chiamato tutti, definendo “una grande opportunità” quella di tornare al governo, anche se a guidarlo non ci sarà più Giuseppe Conte ma l’ex numero uno della Bce. Ma la condizione sine qua non è che quello di Draghi sia un esecutivo politico, con il M5S che ne indossa qualche maglia (ministeriale).
Da qui le chiamate a Giuseppe Conte, ragionando con lui su quel ruolo di ‘federatore’ della coalizione che dovrà guidare la sfida al centrodestra alla prossima tornata elettorale. Da qui, il ‘tavolino’ del premier uscente, allestito in piazza Colonna, in cui l’ex premier ha affermato che “non sono io l’ostacolo” alla formazione di un nuovo esecutivo.
Un’inversione a U, quella di Grillo, su cui nelle prossime ore, dovrà cercare di ricompattarsi il Movimento. Perché se i ‘big’ sembrano convinti sulla linea del governo Draghi, e se Conte ha aperto la strada e cercato di sgomberare ostacoli, è anche vero che le truppe parlamentari non sono affatto convinte, mentre monta la rabbia per il cambio di linea deciso, anche stavolta, da pochi, in barba all’uno vale uno. Una linea che tra l’altro sarebbe osteggiato da un altro big che tuttavia è fuori dai Palazzi: Alessandro Di Battista, schierato sul no a Mario Draghi.
Certo è che la posizione delle forze politiche, indicata trasversalmente, sembra suggerire a Draghi la strada di un governo con innesti politici, sul ‘modello Ciampi’. E sembrerebbe questa la via che sembra prevalere: un governo tecnico con ministri di area, uno massimo 2 per ogni forza di maggioranza.