Nel suo tradizionale discorso in Duomo per gli auguri di Natale il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto lancia la sua idea di “Città della fiducia”.
Per la crescita del territorio non più, soltanto, opere pubbliche che rendono migliori gli spazi, ma la realizzazione di opere pubbliche che rendano migliori gli uomini che vivono quegli spazi. Riproponiamo il discorso integrale del sindaco di Cosenza.
Carissime concittadine e carissimi concittadini, sua Eccellenza mons. Francesco Nolè, Signori delle Autorità civili e militari,
sono lieto di ritrovarvi tutti nella nostra Cattedrale per il tradizionale saluto in vista del Santo Natale.
Siamo giunti al settimo anno in cui da Sindaco porgo gli auguri alla città di Cosenza.
Nel tempo, vi ho parlato di città della bellezza e quindi di città che, in quanto bella, è anche città della bontà che può produrre ricchezza che poi deve essere distribuita offrendo tante nuove opportunità, in particolar modo ai giovani.
In questi sette anni vi ho parlato di città-fabbrica creativa e, ancora, di città-opera d’arte. A tal riguardo colgo l’occasione per ricordare che solo venerdì scorso abbiamo inaugurato il BoCs Art Museum, un’esperienza innovativa nel campo della produzione culturale, un progetto che porta in città artisti nazionali e internazionali i quali per un certo periodo vivono qui e, nel confronto e nelle contaminazioni col territorio, esprimono poi il loro stato d’animo realizzando delle opere uniche che oggi compongono appunto il Museo d’arte contemporanea.
Lo abbiamo ubicato nel complesso monumentale di San Domenico, tra i nostri luoghi più identitari, dove vi invito ad andare per rendervi conto di quanta bellezza esprima e di come quindi possa proiettare all’esterno un’immagine positiva di Cosenza.
Dove c’è creatività, c’è innovazione e dove c’è innovazione c’è crescita sociale, culturale ed economica.
In questi anni vi ho parlato inoltre della città delle “buone pratiche”, dove per esempio la raccolta differenziata raggiunge percentuali molto alte, nonché di una città delle persone e non “delle macchine”, una città pedonale, con tante piazze, una città che contempla le piste ciclabili, i percorsi tattili per le persone disabili. Dove tutti possono spostarsi a piedi o con sistemi di mobilità sostenibile, senza necessariamente ricorrere all’uso delle auto che creano traffico e inquinamento ambientale.
Una città del benessere e della salute intesa come bene collettivo. Puntiamo infatti a stimolare le persone a vivere meglio con l’ambiente, a seguire sani stili di vita, anche attraverso la realizzazione di modelli urbanistici migliori quale ad esempio il nuovo progetto del Parco del benessere che sarà realizzato a breve e sarà costituito, tra le altre cose, dal giardino dei profumi e dal giardino degli agrumi, da quello dei colori, dal palmeto e sarà attrezzato per essere una grande palestra all’aperto.
Insomma: aspiriamo a una città dello “stare insieme”, a una città dell’aggregazione e dei rapporti umani seguendo antichi criteri plasmati sul contemporaneo.
Non sta a me dire qui e oggi se ci stiamo riuscendo o no. Lo dirà nel caso il tempo.
Ci vuole il tempo.
Perché i processi di costruzione della città del recente passato sono purtroppo il frutto di un’idea diffusa della città funzionale, ovvero una città dove tanti volevano usare lo spazio come fosse privato, facendo prevalere le cattive abitudini consolidate negli anni e che noi, con le nostre attività, cerchiamo di contrastare. Si tratta di un uso egoistico della città e dello spazio pubblico inteso come una estensione dello spazio commerciale o di un prolungamento di quello privato. Noi invece aspiriamo ad una città dell’altruismo che non è altro che la città della sostenibilità: lasciare a chi verrà dopo di noi la stessa quantità e qualità di risorse a disposizione. Una città dove non si privilegino le richieste personalistiche di alcuni ma orientata ad attuare le migliori aspirazioni che tutti i cittadini dovrebbero avere, spesso anche in modo inconsapevole.
Tutte queste idee però mi sono accorto, in questi anni da sindaco, che non è possibile realizzarle se prima non si ristabiliscono i rapporti di fiducia reciproca. Non possono essere comprese. La città che vogliamo non è solo quella delle opere pubbliche che rendono migliori gli spazi, ma quella delle opere pubbliche che possano rendere migliori gli uomini che vivono quegli spazi.
Ecco perché con l’arrivo del nuovo anno ho intenzione di lanciare una nuova idea: quella della “città della fiducia”. Perché senza fiducia non si può costruire una città basata su tutti i concetti che ho appena elencato.
Abbiamo necessità, noi tutti, di stringere un patto, un’alleanza indirizzata al bene della collettività.
La cosiddetta “catena di fiducia” nella società è necessaria per un processo di crescita del territorio: i privati non hanno più fiducia nel pubblico, l’amministrazione pubblica non si fida dell’impresa privata, i cittadini non si fidano né del privato né del pubblico.
Quella catena da cui prende avvio il motore della produttività, inutile negarlo, oggi si è spezzata. I social e il web, oltre ai tanti effetti positivi che hanno prodotto, rischiano però di accelerare vertiginosamente questo processo disgregativo.
E allora occorre alimentare dall’altro lato il nostro impegno di ricostruire questa catena di fiducia. Essere più tolleranti verso le offese, dare un po’ meno importanza alle parole in libertà. Perdonare gli errori e il tradimento. È difficile, lo so, per ognuno di noi, ma non dobbiamo avere paura di farlo. Fare il primo passo in questa direzione è importante.
“La paura immobilizza sempre” osserva Papa Francesco che oggi, 17 dicembre, compie 81 anni e al quale inviamo i nostri più sentiti e affettuosi auguri. Il Pontefice dice, rivolgendosi nello specifico a chi vive nelle aree del Sud d’Italia, che “la paura spesso fa compiere scelte sbagliate. La paura scoraggia dal prendere iniziative, induce a rifugiarsi in soluzioni sicure e garantite, e così si finisce per non realizzare niente di buono. Per andare avanti e crescere nel cammino della vita, bisogna avere non paura: bisogna avere fiducia”.
Ecco, a mio avviso c’è solo un modo per superare la paura e promuovere la crescita: investire in fiducia.
Ciò significa fare il primo passo, essere i primi che rischiano e si mettono in gioco. L’immobilismo timoroso non porta da nessuna parte. Le analogie con chi investe in un’impresa sono totali. Si rischierà di fallire ma purtroppo è l’unico modo per costruire una società migliore.
Non aspettare che siano gli altri: cerchiamo di essere i primi a muoverci, ad agire confidando in chi abbiamo davanti senza farci frenare dalla paura di ricevere attacchi o giudizi ingiusti.
Donare fiducia è un atto splendido, è la massima espressione dello slancio vitale, è qualcosa che va oltre la semplice generosità, è un gesto di elevazione umana e spirituale. Credo che essere sindaco significhi soprattutto scoprire la gratitudine semplice, quasi banale; ma solo provando e offrendo gratitudine si può restare aperti agli altri, si possono includere le diversità, si può abbattere quel biasimo e quel giudizio che distruggono le relazioni.
Essere un buon sindaco vuol dire saper costruire una comunità basata sulla fiducia e sulla crescita. Tutto il resto è solo un esercizio vuoto e sterile di faziosa attività politica o manageriale di cui il mondo ha sempre meno bisogno. Chi sa cogliere questa sfida impone sostanzialmente una nuova forma di responsabilità che è azione trasformativa. E che è, di conseguenza, nuova vita.
Parlando di nuova vita non si può prescindere dai bambini, che sono il futuro ma anche il nostro presente migliore. I bambini non hanno sovrastrutture, sono puri, sono fiduciosi, hanno sempre una visione positiva della vita. L’Amministrazione comunale lavora per loro, e loro sono i nostri migliori alleati. Perché hanno fiducia in noi, e noi abbiamo fiducia in loro.
Le scuole cittadine in questo periodo sono le protagoniste assolute della creatività legata al tema della favola, tutte coinvolte nel cartellone delle “Buone feste cosentine” e impegnate in spettacoli originali e talentuosi sui palchi dei nostri teatri. Una forma di energia che dobbiamo far circolare quanto più possibile. Mi riempie di gioia, poi, il fatto che questo nostro appuntamento in Duomo veda nuovamente la presenza del Piccolo Coro del teatro Rendano diretto dal maestro Maria Carmela Ranieri.
I bambini hanno tanto da insegnarci, anche in termini di solidarietà. Loro, spontaneamente, danno fiducia. Dimenticano presto le offese e perdonano. E tendono entrambe le mani a chi ha più bisogno. Il Piccolo coro porta avanti il progetto “Un coro per i bambini”, vale a dire bambini che sostengono altri bambini raccogliendo la spesa per il pranzo di Natale per cinquanta famiglie disagiate che sono così aiutate dai volontari del Duomo e dai genitori dei bimbi del Piccolo Coro.
Sempre il Piccolo Coro, mi piace ricordarlo, è promotore dell’iniziativa “Un regalo sotto l’albero per i bambini delle case famiglia”. I bambini di 5 case famiglia hanno scritto la letterina a Babbo Natale e domani inizieranno le consegne dei doni raccolti. Oltre 150 desideri sono stati realizzati con il supporto prezioso di associazioni, gruppi del territorio di Cosenza e provincia.
I bambini fanno queste belle cose, e le fanno fare anche ai genitori e al sindaco. Mi scrivono sempre e per darmi consigli ma anche per darmi fiducia:
Caro Sindaco… Caro Occhiuto,
grazie per avere esaudito la nostra richiesta di fare un’isola pedonale…
grazie per voler realizzare questa piazza… grazie perché non sentiamo chiasso quando studiamo..
Adesso sì che studiamo in pace senza rumori molesti.
Caro sindaco… Quasi quasi ti invito a casa mia…
Ricostruiamo allora questa “catena della fiducia”, e costruiamo la “città della fiducia”.
Con questo auspicio giunga a tutti voi il mio augurio di serenità e di bellezza per il Santo Natale, con un pensiero speciale rivolto ai bambini, quelli del Piccolo Coro e tutti gli altri, e alle loro famiglie; agli ammalati, agli ultimi, agli invisibili, a chi vive nella solitudine e nel buio del disagio.
Auguri di Buon Natale a tutti”.
Mario Occhiuto
Sindaco di Cosenza