Tre uomini di origine calabrese sono finiti in carcere dopo gli inquietanti episodi di minacce e gli spari rivolti contro le vetrate di alcune pizzerie di Reggio Emilia.
Il fermo, richiesto dal Pm reggiano, Isabella Chiesi, riguarda i tre figli di Francesco Amato, noto alle cronache per il sequestro alle Poste di Pieve Modolena lo scorso novembre e condannato (per lui ingiustamente) nel processo Aemilia con l’accusa di essere uno degli organizzatori dell’associazione ‘ndranghetistica emiliana. Lo riportano i quotidiani locali citati dall’Ansa.
Ora i tre giovani originari di Rosarno si trovano nel penitenziario di Reggio Emilia in attesa della convalida del fermo. Le accuse ruoterebbero attorno ai diversi episodi di tentata estorsione che si sono verificati nei giorni scorsi: quattro le pizzerie prese di mira; le vetrine di due di questi locali erano state colpite con colpi di pistola sulle vetrate, in piena notte. Ad altri due locali erano stati recapitati bigliettini contenenti richieste di denaro: “dammi mille euro, se sei d’accordo appendi un fiocco”, il contenuto.
Sabato, poi, la sterzata decisiva, che sarebbe arrivata dopo una perquisizione: gli uomini dell’Arma hanno portato in carcere i tre figli di Francesco Amato, 55 anni, condannato il 31 ottobre scorso a 19 anni e un mese di reclusione nel processo Aemilia ed è tuttora detenuto nel carcere di Terni.
Amato a novembre fece irruzione alle Poste di Pieve Modolena prendendo in ostaggio alcune persone per protestare contro la condanna nel processo Aemilia, uno dei processi più importanti celebrati al Nord contro la ‘ndrangheta crotonese con tentacoli in Emilia, e in particolare contro la cosca di Nicolino Grande Aracri. Dopo ore di trattative con in negoziatori dell’Arma l’uomo aprì le porte e si fece catturare.