Edoardo Petti per Formiche.net parla con Antonio Saggese a proposito di Popolari (18-5-2015)
“Le banche popolari sono una realtà e una ricchezza che va salvaguardata. Mentre la legge del governo ne mortifica e snatura il sistema”.
La battaglia del Pirellone
È con queste parole che il governatore della Lombardia Roberto Maroni ha incaricato l’Avvocatura regionale di presentare ricorso alla Corte Costituzionale contro il provvedimento promosso da Palazzo Chigi e approvato dal Parlamento a marzo.
Testo che prevede l’obbligo, per i primi 10 istituti creditizi mutualistici e territoriali, di trasformarsi in società per azioni entro 18 mesi. Un cambiamento radicale di regime giuridico e statutario che ha messo in moto un percorso di aggregazioni, acquisizioni e rimescolamento tra Popolari. Della questione, tra l’altro, si parlerà mercoledì 20 maggio alla presentazione a Roma del libro “Popolari addio?” scritto da Gianfranco Fabi e Franco Debenedetti nell’ambito di una collana curata da Lodovico Festa per Guerini Editore.
Manager e politico
Per capire il valore e le finalità di un’iniziativa che potrebbe produrre effetti incisivi nel panorama finanziario, Formiche.net ha interpellato il consigliere regionale della Lista Maroni Antonio Saggese.
Una lunga esperienza di manager bancario, è lui il promotore e primo firmatario della mozione votata dall’assemblea regionale il 6 maggio. E che vincola la Giunta a sollevare il tema della legittimità della legge presso la Consulta.
“Le ragioni dell’illegittimità della riforma”
A suo giudizio le motivazioni di incostituzionalità della riforma sono molteplici.
La prima consisterebbe nella violazione dell’Articolo 117 della Carta fondamentale, che attribuisce alle regioni le competenze per il credito regionale: “Considerato lo stretto collegamento delle banche cooperative con il territorio, lo Stato si rende responsabile di un’invasione indebita dell’autonomia degli enti locali”.
La seconda lesione riguarderebbe l’Articolo 118 della Costituzione, che proclama e protegge il principio di sussidiarietà: “Ma il governo ha rifiutato di ascoltare una regione come la Lombardia, che accoglie ben quattro istituti creditizi coinvolti nel provvedimento legislativo”.
Bersaglio dei ricorrenti è poi “la mancanza dei requisiti di necessità e urgenza che giustifichino l’approvazione del decreto legge”. E “l’annullamento del regime giuridico cooperativo – fondato sul principio ‘una testa, un voto’ – senza risarcimento da parte dello Stato”.
“Non vi erano alternative al ricorso”
La Corte Costituzionale, spiega il politico lombardo, è organo di alta garanzia per tutti gli attori del contesto istituzionale: lo Stato, che ricorre invocando i principi fondamentali dell’ordinamento repubblicano, e le regioni nell’eventualità di interferenza illecita nelle competenze territoriali.
Ai suoi occhi non vi erano alternative: “Anzi, il tempo stringe. Perché l’istanza dovrà essere ufficializzata entro venerdì 22 maggio”.
“Non solo Bpm”
La sfida assume una valenza politica rilevante. È la Lombardia l’epicentro di una galassia direaltà creditizie con forte radicamento territoriale e robusto assetto finanziario. A partire dallaBanca Popolare di Milano, crocevia di un intricato puzzle di eventuali fusioni e integrazioni con Bper, Bp e Ubi.
Tuttavia, rimarca l’esponente del Pirellone, l’orizzonte che anima i promotori del ricorso va ben oltre la salvaguardia di un patrimonio prezioso come Bpm. “La volontà è coinvolgere il maggior numero di istituti mutualistici, costruendo un fronte ampio di forze a loro supporto”.
“Gli effetti nocivi delle fusioni”
La paura provocata dai processi di aggregazione e acquisizione è una riduzione notevole degli sportelli, e soprattutto di manager e di lavoratori: “Le previsioni parlano di 20mila esuberi, in buona parte nella nostra regione. Fenomeno che produrrà seri problemi sociali cui la Lombardia dovrà far fronte con 1 miliardo in meno di trasferimenti statali”.
Un’altra cifra preoccupante – ricorda il consigliere regionale – è stata fornita dall’Associazione nazionale delle banche popolari, che ha stimato attorno a 80 miliardi il calo nell’erogazione del credito a favore di imprese e famiglie.
“Le Popolari rischiano di diventare terra di conquista”
Il timore è che “le forze del lavoro e dello sviluppo garantite fino a oggi dal credito cooperativo vengano soppiantate dai detentori di capitale finanziario. Ed esattamente dagli investitori internazionali che vedranno aprirsi i cancelli delle Popolari grazie all’abrogazione del principio ‘una testa, un voto’”.
L’ultimo baluardo di democrazia economica nel nostro paese, rileva il rappresentante della Lista Maroni, cederà il passo al controllo esclusivo dei gruppi stranieri e del “capitalismo sfacciato”.
Il percorso di fusioni avviato grazie al decreto legge governativo troverà sbocco a suo avviso nel trasferimento della sede legale e fiscale delle banche in un altro territorio: “Mentre le comunità con cui tali istituti avevano creato un legame profondo subiranno una contrazione rilevante di risorse e gettito”.
“Nessuna posizione conservatrice”
L’iniziativa messa a punto dal Pirellone, tiene a evidenziare Saggese, non equivale a una difesa dello status quo: “È necessario migliorare la governance delle Popolari attraverso meccanismi di controllo efficaci. L’obiettivo è monitorare situazioni da cui potrebbero sorgere scandali come quelli che hanno colpito taluni istituti di credito cooperativo allo stesso modo delle banche società per azioni”.
Centro-destra e Cinque Stelle favorevoli, Pd contrario
È su questo terreno che i presentatori del ricorso sono pronti a dare battaglia. E sperano di allargare il consenso politico a livello territoriale e nazionale.
La mozione regionale ha visto il voto favorevole di Lista Maroni, Lega Nord, Nuovo Centro-destra, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Pensionati e Movimento Cinque Stelle. Partito democratico e Patto civico per Ambrosoli hanno espresso parere contrario.
Una proposta parallela
Negli stessi giorni la federazione dei lavoratori bancari della Uil ha costituito un comitato eterogeneo dal punto di vista politico-culturale per fornire una risposta alternativa alla filosofia della riforma.
Guidata da Giorgio Benvenuto, l’iniziativa punta a elaborare forme di partecipazione dei dipendenti di tutte le banche popolari per renderli soci stabili a garanzia del loro radicamento territoriale e comunitario.
Un progetto che trova concorde il consigliere lombardo. Ma il requisito per renderlo percorribile, conclude Saggese, è la bocciatura del decreto legge.