‘Ndrangheta, Dda chiede il processo per il clan degli zingari di Catanzaro

La Dda ha chiesto il rinvio a giudizio per 80 indagati nell'ambito dell'inchiesta sulla cosca degli zingari del capoluogo calabrese. Il gip ha fissato l'udienza preliminare per il prossimo otto febbraio

Carlomagno

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La Dda di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio di 80 indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla cosca degli zingari del capoluogo calabrese.

Il gip Chiara Esposito ha fissato l’udienza preliminare per il prossimo otto febbraio.

In particolare sono accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso Luigi Vecceloque Pereloque, Massimo Bevilacqua, Luciano Bevilacqua, Vincenzo Berlingeri, Domenico Passalacqua (classe ’73), Ernesto Bevacqua e Massimo Berlingeri, ritenuti esponenti del clan Passalacqua/Bevilacqua “sottoposto al controllo e alla signoria del locale di ‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto”.

Gli imputati sono accusati, a vario titolo, anche di una lunga serie di estorsioni, procurata inosservanza della pena, delitti in materia di armi, ricettazione, rapina, furto, corruzione.

L’indagine contempla anche il traffico di sostanze stupefacenti che sarebbe stato direttamente collegato alla famiglia Mannolo di San Leonardo di Cutro dove si trovava la base logistica per il rifornimento e l’occultamento della cocaina. Il ponte era nato grazie a legami di parentela createsi tra la famiglia Mannolo e i Passalacqua di Catanzaro.

Nell’inchiesta è coinvolto anche un assistente della polizia penitenziaria in servizio a Catanzaro, Domenico Sacco, accusato di aver favorito, attraverso “condotte attive e/o passive” lo spaccio di cocaina.

In particolare Sacco, in contatto diretto e continuo con i detenuti della casa circondariale di Siano, “forniva un decisivo contributo al funzionamento dell’organizzazione garantendo assistenza e veicolando messaggi ai detenuti” e mettendoli anche in guardia sulla possibilità che venissero intercettati. Tra i reati contestati c’è anche la corruzione poiché Sacco si sarebbe fatto promettere e dare denaro e altre regalie per fare entrare in carcere beni non consentiti o per veicolare messaggi.