‘Ndrangheta, confiscati beni per un milione a un imprenditore

Carlomagno

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Beni per un milione di euro sono stati confiscati dalla Direzione investigativa antimafia ad un imprenditore catanzarese considerato il vertice di un’associazione ‘ndranghetista attiva sotto l’influenza delle locali di Cutro e Isola Capo Rizzuto e con epicentro nei territori dei comuni di Vallefiorita, Amaroni e Squillace in provincia di Catanzaro.

Il provvedimento di confisca, emesso dal Tribunale di Catanzaro e divenuto definitivo dopo il vaglio della Suprema Corte di Cassazione, trae origine da una proposta a firma del direttore della Dia e nella quale sono confluite le risultanze degli accertamenti patrimoniali esperiti dal Centro operativo di Catanzaro dello stesso organismo interforze che hanno fatto emergere una rilevante sproporzione tra il patrimonio nella disponibilità del proposto e i redditi da lui dichiarati.

Tra i beni confiscati figurano l’intero compendio aziendale di due società attive nei settori della ristorazione e della tinteggiatura e posa in opera di vetri, un’associazione culturale, 10 immobili, un motociclo, una autovettura, nonché rapporti bancari e disponibilità finanziarie.

L’imprenditore, Luciano Babbino, di 45 anni, di Catanzaro, è coinvolto nell’inchiesta “Scolacium” condotta dai carabinieri e coordinata dalla Dda catanzarese, che il 22 febbraio scorso ha portato a 22 arresti, 19 in carcere e tre ai domiciliari dove si trova Babbino.

I beni oggetto di confisca erano stati sequestrati nel gennaio 2021 a seguito di un’indagine patrimoniale condotta dalla Dia di Catanzaro su disposizione della Dda dopo il coinvolgimento dell’imprenditore in un’altra inchiesta antimafia per la quale è stato condannato in primo grado a 12 anni di reclusione.

L’operazione Scolacium del febbraio scorso, ha colpito le cosche di ‘ndrangheta In particolare, l’inchiesta ha riguardato le cosche operanti nel territorio di Vallefiorita, Squillace e Girifalco, ricostruendo l’attuale organigramma di due sodalizi ricadenti sotto l’influenza delle locali di ‘ndrangheta di Cutro e Isola Capo Rizzuto, e l’alternanza dei rispettivi equilibri criminali, oltre alle attività illecite attribuite agli indagati. Cosche che concentravano la loro attenzione criminale sulle estorsione ai danni di imprenditori del settore edile, boschivo ed eolico, nonché sugli stupefacenti.