La ‘ndrangheta radicata nella capitale, arresti

Nell'ambito dell'inchiesta, denominata "Propaggine", è stato arrestato un sindaco calabrese accusato di scambio elettorale politico-mafioso

Carlomagno

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Operazione della Direzione Investigativa Antimafia a Roma e provincia, in Lazio, e a Reggio Calabria e in Calabria per l’esecuzione di un’ordinanza cautelare del gip di Roma su richiesta della Dda romana nei confronti di 43 persone.

Alcuni sono accusati di far parte di una locale di ‘ndrangheta, radicata nella capitale e finalizzata ad acquisire la gestione e il controllo di attività economiche in svariati settori, ittico, panificazione, pasticceria, del ritiro delle pelli e degli olii esausti.

In corso anche perquisizioni e sequestri e l’esecuzione di misure cautelari disposte dal Gip su richiesta della Dda reggina.

L’organizzazione, secondo quanto riferito dagli inquirenti, faceva poi sistematicamente ricorso ad intestazioni fittizie al fine di schermare la reale titolarità delle attività. Inoltre, secondo quanto emerso l’organizzazione si proponeva anche il fine di commettere delitti contro il patrimonio, contro la vita e l’incolumità individuale e in materia di armi, affermando il controllo egemonico delle attività economiche sul territorio, realizzato anche attraverso accordi con organizzazioni criminose omologhe. A Reggio Calabria le misure sono state emesse all’esito del coordinamento investigativo con la Dda di Roma.

Nell’ambito dell’inchiesta, denominata “Propaggine”, è stato arrestato il sindaco di Cosoleto, Antonino Gioffré. Il suo nome compare nell’elenco dei 34 soggetti raggiunti da un’ordinanza di custodia emessa dal gip su richiesta della Dda reggina contro la cosca Alvaro-Penna di Sinopoli. Nel filone calabrese, 29 persone sono finite in carcere e 5 ai domiciliari.

Gioffré è accusato di scambio elettorale politico-mafioso. In sostanza avrebbe favorito l’assunzione di un altro soggetto indagato. Gli altri reati contestati dai pm sono l’associazione mafiosa, il favoreggiamento commesso al fine di agevolare l’attività del sodalizio mafioso e la detenzione e vendita di armi comuni da sparo ed armi da guerra aggravate.

Era formata da una diarchia la ‘ndrina “locale” che operava a Roma da alcuni anni dopo avere ottenuto il “via libera” dalla casa madre in Calabria. E’ quanto emerge dall’indagine della Dda della Capitale e Dia, coordinata dai procuratori aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò e che ha portato alla emissione di 43 misure cautelari. A capo della struttura criminale c’erano Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, entrambi appartenenti a storiche famiglie di ‘ndrangheta originarie di Casoleto, centro in provincia di Reggio Calabria.

“Noi a Roma siamo una propaggine di là sotto”. E’ quanto affermano in una intercettazione i soggetti indagati dalla Dda e Dia nel procedimento della Procura di Roma che ha portato oggi all’arresto di 43 persone. L’attività degli inquirenti ha fatto emergere l’esistenza nella Capitale della prima ‘ndrina riconosciuta ufficialmente dalla “casa madre ” in Calabria.

“Siamo una carovana per fare la guerra”, afferma il boss Vincenzo Alvaro, ritenuto dagli inquirenti uno dei due capi della ‘ndrina operante a Roma, in una intercettazione agli atti dell’indagine. Disposto anche il sequestro di 24 società e di ristoranti, bar e pescherie nella zona nord di Roma e in particolare nel quartiere di Primavalle. (Ansa)