Condannato a 30 anni per un omicidio, è stato assolto dopo oltre due lustri

Alfonso Brandimarte, di 46 anni, era accusato di essere stato uno dei responsabili dell'omicidio del ventiduenne Francesco Bagalà, avvenuto il 26 dicembre del 2012 a Gioia Tauro

Carlomagno

aula giustizia processo

A distanza di 11 anni dai fatti la Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria ha assolto Alfonso Brandimarte, di 46 anni, dall’accusa di essere stato uno dei responsabili dell’omicidio del ventiduenne Francesco Bagalà, avvenuto il 26 dicembre del 2012 a Gioia Tauro.

Il processo di secondo grado si è celebrato dopo che la Corte di Cassazione, nello scorso mese di Settembre, aveva annullato con rinvio la sentenza con la quale la stessa Corte d’Assise d’Appello di Reggio aveva condannato Brandimarte a 30 anni di reclusione, confermando la pronuncia dei giudici di primo grado.

Annullamento motivato dai giudici della Suprema corte con la necessità di verificare l’attendibilità di Francesco Ieranò, il collaboratore di giustizia che aveva chiamato in causa Alfonso Brandimarte per l’assassinio di Bagalà.

Nel nuovo processo d’appello, svoltosi stamattina, la Procura generale di Reggio Calabria aveva chiesto la conferma della condanna di Brandimarte a 30 anni.

Nelle loro arringhe i difensori di Brandimarte, gli avvocati Giuseppe Fonte e Giovanni Vecchio, hanno sostenuto l’inattendibilità del collaboratore di giustizia Ieranò richiamandosi alle numerose contraddizioni che hanno caratterizzato le sue dichiarazioni ed anche la sua deposizione in aula.

Per l’omicidio di Francesco Bagalà la stessa Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria aveva già assolto Giuseppe Brandimarte, di 52 anni, fratello di Alfonso, e Davide Gentile, di 34, ribaltando la condanna all’ergastolo disposta a loro carico in primo grado nel 2020. Sentenza poi confermata dalla Cassazione.

Era rimasta indefinita soltanto la posizione di Alfonso Brandimarte per la sua decisione di essere processato col rito abbreviato.

Secondo l’accusa, l’omicidio di Bagalà sarebbe stato da inquadrare in uno scontro tra alcune famiglie di Gioia Tauro legate alla criminalità organizzata. In particolare il delitto, a detta degli inquirenti, sarebbe stato motivato da una vendetta per il tentato omicidio di cui era rimasto vittima, nel 2011, lo stesso Giuseppe Brandimarte.