I finanzieri del Comando provinciale di Cosenza hanno notificato 33 avvisi di conclusione indagine per il fallimento della Banca dei Due Mari di Calabria Credito cooperativo con l’ipotesi di bancarotta fraudolenta.
L’indagine, denominata “Mala gestio”, coordinata dal pm di Castrovillari Antonio Iannotta e condotta dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Cosenza, avrebbe evidenziato l’erogazione di numerose linee di credito, finanziamenti e sconfinamenti di conto corrente, pur nella consapevolezza di conclamate difficoltà finanziarie e dell’incapacità di adempiere alla restituzione da parte dei clienti, con conseguente distrazione di somme dal patrimonio.
Gli indagati, secondo l’accusa, invece di avviare le iniziative del piano di risanamento del gennaio 2011, avrebbero continuato ad assicurare sostegno finanziario alla clientela insolvente o in difficoltà. L’istituto, nato a Villapiana nel 2003, con sportelli in tutta la regione, era stato sottoposto nel marzo 2013 ad amministrazione straordinaria e nell’ottobre 2014 a liquidazione coatta amministrativa, per poi essere ceduto a Banca sviluppo al prezzo simbolico di 1 euro, con contestuale cessione delle perdite su crediti ad altro soggetto giuridico, per 113 milioni di euro.
Nel corso delle indagini è stato accertato che prima dello stato di insolvenza dichiarato dal Tribunale di Castrovillari nel 2016, i crediti in sofferenza erano stati venduti al Fondo di garanzia dei depositanti per 30,5 milioni.
Tra l’altro, la Banca d’Italia aveva eseguito, dal 2005 al 2012, tre ispezioni, tutte con esito negativo, con l’irrogazione di sanzioni amministrative a carico dei componenti degli organi direttivi e di controllo e con la proposizione alle autorità giudiziarie di due azioni di responsabilità.
La banca fallita era stata anche, nel corso degli anni, destinataria di ingenti prestiti subordinati da parte del Fondo di garanzia dei depositanti della Bcc, a sostegno di un’azione di immediata patrimonializzazione. Iniziativa che per l’accusa è stata vanificata dalle condotte degli indagati. Nel corso della procedura fallimentare sono stati ammessi al passivo debiti per 322 milioni, tra i quali anche somme destinate allo Stato.