Da vittime di usura a presunti fiancheggiatori dei clan di ‘ndrangheta Piromalli di Gioia Tauro. Padre e figlio, commercianti con un passato da imprenditori nel settore dei video-poker, sono stati arrestati dai Carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro, con l’accusa di false informazioni al pubblico ministero aggravato dalle finalità mafiose, poiché, secondo l’accusa la testimonianza sarebbe stata resa con l’intento di agevolare e scagionare membri legati alla consorteria mafiosa dei “Piromalli”, attiva ed egemone nella Piana di Gioia Tauro.
Il provvedimento cautelare è stato emesso il 29 febbraio 2016 dal gip del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Procura Distrettuale a carico di Clemente e Giovanni Cedro, che sono stati posti ai domiciliari. Nel corso dell’attività investigativa “Atlantide”, che ha beneficiato anche del contributo dichiarativo di alcuni collaboratori di giustizia, i Cedro, individuati quali vittime del reato di usura da parte di appartenenti alla cosca “Piromalli”, in sede di deposizione dinnanzi la competente autorità giudiziaria avrebbero negato convintamente le contestazioni mossegli, esponendo delle versioni di comodo di cui padre e figlio successivamente si vantavano e che suscitava in loro piena ilarità.
Infatti, spiegano gli inquirenti, nel corso di contestuali attività di monitoraggio, è emerso che i due avevano fornito ai pm versioni di comodo nella cosciente consapevolezza che le loro dichiarazioni avrebbero potuto far scarcerare alcuni o tutti gli affiliati tratti in arresto lo scorso 22 dicembre, ritenuti presunti esponenti di spicco della citata consorteria criminale (in particolare Biagio Guerrisi e Gennaro Paolillo).
Secondo il quadro d’indagini, ulteriore dato, emerso dalla captazione delle conversazioni tra i due Cedro, e che ineludibilmente fa capire che i due avessero scientemente voluto fornire versioni false su accadimenti che li hanno riguardati sia direttamente che indirettamente, è rilevabile dalla circostanza di avere pianificato la loro remunerazione, per le false dichiarazioni rese, nei confronti degli arrestati nel procedimento “Atlantide”.
Gli investigatori hanno inoltre documentato che Clemente Cedro ha portato a conoscenza Francesco Cosoleto, di anni 37, che risulta indagato nell’ambito del medesimo procedimento per gli stessi reati, dei motivi della sua convocazione e del congiunto presso la Procura Distrettuale e del contenuto delle dichiarazioni rese.
I due, al termine delle formalità di rito, sono stati posti agli arresti domiciliari presso le loro residenze, in attesa degli interrogatori di garanzia.