“Dal punto di vista oggettivo la condotta di Scajola e della Rizzo è certamente strumentale a consentire a Matacena di protrarre la sottrazione all’esecuzione della pena che gli è stata inflitta a seguito di processo svoltosi con tutte le garanzie previste dall’ordinamento democratico per uno dei reati di massima offensività”.
Così i giudici del Tribunale di Reggio Calabria nelle motivazioni della sentenza con cui, il 24 gennaio scorso, hanno condannato a 2 anni l’ex ministro dell’Interno, ora sindaco di Imperia, Claudio Scajola e ad un anno Chiara Rizzo, per procurata inosservanza della pena dell’ex deputato di Fi Amedeo Matacena, latitante a Dubai dopo una condanna a 3 anni per concorso esterno in associazioni mafiosa.
Per i giudici è emerso “un interesse ad aiutare Matacena per ottenere asilo politico in Libano a seguito di una richiesta della moglie Chiara Rizzo”, e la condotta di Scajola “non si è esaurita in aiuto lecito al latitante”, per l’esistenza di “indubbi e consolidati” rapporti.