Marò, è scontro a distanza tra India e Italia. La Farnesina in una nota replica al paese asiatico che si era opposto all’arbitrato proposto dall’Italia.
“L’Italia farà valere con determinazione le sue ragioni”. E’ questa la reazione del ministero degli Esteri italiano alle dichiarazioni del magistrato Narshima secondo cui New Delhi si opporrà alle richieste dell’Italia davanti al tribunale di Amburgo. “L’obiettivo è trovare una soluzione positiva della vicenda dei due fucilieri Latorre e Girone”, spiegano fonti della Farnesina.
La Farnesina entra così in campo per replicare all’India che aveva fatto sapere di opporsi alla richiesta di arbitrato presentato dall’Italia al Tribunale Internazionale del diritto del mare di Amburgo (Itlos) sul caso due fucilieri italiani appartenenti alla Nato, Salvatore Latorre e Massimiliano Girone, alla prima udienza fissata per il 10 agosto.
Lo aveva dichiarato il procuratore aggiunto generale P.S Narsimha, che rappresenterà New Delhi di fronte al tribunale di Amburgo. Narshima ha anticipato che “contesteremo a tribunale dell’Itlos la sua stessa giurisidzione (titolarità a decidere, ndr) perchè solo l’India ha la giurisdizione di perseguire crimini avvenuti nel Paese”. Sebbene il “presunto crimine” sia stato commesso in acque internazionali su una nave battente bandiera italiana, che per le leggi della navigazione “è territorio sovrano” dello Stato che issa quella bandiera.
Non solo. L’india “contestera all’Italia anche di non aver esperito tutte le procedure legali previste dalla legge indiana, prima di invocare la giurisdizione dell’Itlos, che per New Delhi è solo uno dei quattro forum che possono valutare dispute internazionali.
L’India contesterà anche che non ci sono circostanze convincenti per autorizzare qualsiasi misura provvisoria”, quali il ritorno di Girone in Italia e la permanenza per tutta la durata dell’arbitrato di Latorre nel nostro Paese come chiesto da Roma.
In serata la nota del ministero degli Esteri in cui si afferma che per la vicenda dei due fucilieri “L’Italia farà valere con determinazione le sue ragioni”.
Sui due marò si sono succeduti tre governi, ma la questione, nonostante i proclama nel tempo, è rimasta immutata. Ostaggi della diplomazia e, forse, dall’incapacità di affrontare il caso con meno politichese e maggiore determinazione.
Il 15 febbraio 2012 i due marò, fucilieri della Marina Italiana (quindi della Nato) erano a bordo della petroliera italiana “Enrica Lexie” in acque internazionali, a largo dell’India, quando avrebbero aperto il fuoco contro un peschereccio provocando due morti. Il comandante della nave, con l’inganno è stato fatto approdare nel porto indiano di Kochi e da li sono stati tratti in arresto i due militari per il presunto omicido. Grossolani gli errori dell’allora ministro della Difesa Di Paola che diede l’ordine di far attraccare la nave al porto pur trovandosi in acque internazionali su una nave battente bandiera italiana.
I due marò hanno sempre sostenuto di essersi difesi da un attacco di pirateria. Fatti tornare in Italia, dietro la promessa di un rientro in India, l’allora governo Monti, sotto i “consigli” dell’ex ministro Corrado Passera e con la contrarietà del titolare della Farnesina, Giulio Terzi di Sant’Agata, i fucilieri furono rispediti nell’inferno indiano quando tutta la vicenda poteva essere gestita in modo legittimo dalla procura di Roma, che li avrebbe presi in custodia. Solo un ictus, permise a Salvatore Latorre di rientrare in patria per curarsi, mentre Massimiliano Girone rimane trattenuto “a garanzia” del rientro di Latorre.
Dopo quasi tre anni e mezzo di tempo la questione non è ancora stata risolta. Si sono succeduti tre governi e il primo impegno di ogni esecutivo è stato quello di adoperarsi per il “rientro immediato” dei due marò. Anche l’alto rappresentante dell’Ue per gli affari Esteri, l’italiana Federica Mogherini, ha sempre fatto bei annunci, ma senza frutti concreti. Lavorano le diplomazie ma con risultati prossimi allo zero. I due fucilieri sono su tutto, prigionieri della loro incapacità.