La lunga mano della ‘ndrangheta sul litorale laziale. Boss e cocaina. Ma anche una sorta di classifica criminale. I nomi, quelli delle grandi famiglie calabresi, i Perronace, i Gallace, i Modaffari, di cui Roma è piena, racconta il pentito Antonino Belnome.
Nell’informativa dei Carabinieri del Nucleo investigativo coordinati dall’Antimafia romana, finiscono due indagati dell’inchiesta “Mondo di Mezzo”, quella dove Massimo Carminati, detto il “cecato”, il Nero e il suo socio in affari, Salvatore Buzzi, grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali, di fatto scoperchiano il vaso di pandora della mafia capitolina.
In una conversazione, si parla di Fabrizio Piscitelli, noto come Diabolik, ucciso al parco degli Acquedotti nel 2019. “Poco affidabile e ingombrante” dicono i due: “Si crede di essere il nuovo capo…je piacerebbe!” aggiungono nel valutare le sue mire espansionistiche nel traffico di stupefacenti sul litorale laziale. Al contrario sale di quotazione, secondo gli scambi telefonici, la biografia malavitosa del Nero, incoronato reuccio di Roma.
La ‘ndrangheta nella Capitale è una realtà. Schiaffi. Insulti. Spari. Così le cosche fin dagli anni ’90 terrorizzano e dominano le piazze criminali.
Da Borgo Pio, dove le ‘ndrine insediano il proprio quartiere generale, reinvestono in negozi, bar e ristoranti e iniziano la proficua attività del narcotraffico, collaborando con i Casamonica, fino ad arrivare a San Basilio, passando per il Clan Gambacurta a Montespaccato.
E’ l’indagine “Coffe bean” a sferrare il primo colpo importante nel 2020. La lotta alla criminalità prosegue nel febbraio dell’anno seguente con l’operazione “Enclave”, condotta contro Pasquale Vitalone, da anni domiciliato a Sacrofano, capoclan calabrese fino ad arrivare all’inchiesta “Propaggine”, che ha svelato l’esistenza della prima locale di ‘ndrangheta a Roma.