Francesca Schianchi per La Stampa
«Ancora oggi, se faccio un incubo, è di arrivare alla maturità senza essere preparata…», sospira il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, che pure portò a casa la menzione «bien» alla scuola francese di Roma. Come bene andò l’esame della responsabile delle Riforme, Maria Elena Boschi, 100 su 100 al classico Petrarca di Arezzo, racconta lei con un sorriso soddisfatto.
Massimo dei voti anche per il premier Renzi (60/60, nel ’93, al liceo classico Dante di Firenze), che era sempre stato un bravo studente ma con una certa vis polemica, e l’anno prima della maturità rischiò il 7 in condotta, quando rifiutò la richiesta del preside di ritirare le copie del giornalino «II Divino mensile» su cui erano andati pesanti con le critiche a un prof di matematica.
È passato qualche anno, ma non troppi, da quando i ministri del governo più giovane della Repubblica hanno affrontato la maturità, che inizia oggi per migliaia di studenti. Dai banchi del governo c’è chi ne ricorda l’ansia e chi il senso di liberazione. Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, 50/60 al classico romano Anco Marzio, racconta di un esame complicato, con discussioni della classe con la commissione: «Io litigai su Hegel», ricorda.
La collega degli Esteri Federica Mogherini – 56/60 nel ’91 al classico Lucrezio Caro di Roma – già pensava al dopo: qualche mese a Londra per studiare inglese poi la facoltà di Scienze politiche, «volevo fare la giornalista». Idee chiare su cosa volesse fare le aveva anche la Boschi, «l’ho deciso a 11 anni: il magistrato». Della maturità ha un bel ricordo, «giorni impegnativi ma divertenti»: le capitò di dimenticare il vocabolario di latino il giorno della versione; un compagno che abitava vicino a scuola corse a casa per procurargliene uno. Perché lei veniva dalla provincia, da Laterina: «Mio fratello mi aveva preparato una cassetta da ascoltare in macchina per caricarmi».
Anche il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, ricorda i 20 km in motorino da casa sua a Bergamo, all’istituto agrario: «II viaggio di ritorno, leggerissimo, liberato da tutti i pensieri». Portò a casa un 48 su 60: «Non ero un secchione», ammette, «e negli ultimi due anni già pensavo più alla politica che allo studio…». Non era secchione nemmeno il sottosegretario Luca Lotti, diplomato allo scientifico Pontormo di Empoli con 90/100 nel 2001: ricorda ancora un suo ex compagno le parole del preside quando consegnava le pagelle: «Lotti, anche quest’anno sei il peggiore della classe tra i maschi…».
Qualche amico ogni tanto lo chiama: «Luca, guarda tè dove sei arrivato…». Mai, allora, avrebbero pensato di arrivare a fare i ministri, come mai avrebbero pensato di passare in pochi anni dai banchi di scuola a quelli del Parlamento molti giovani deputati. Nemmeno chi era una studentessa modello come la leader dei giovani di Forza Italia, Annagrazia Calabria: 100/100 al classico e versione di greco orgogliosamente presentata in mezz’ora.
Non lo pensava l’ex capogruppo M5S Roberta Lombardi (54/60 allo scientifico Avogadro di Roma): ancora non faceva politica, epperò a ben pensarci una certa verve c’era, considerato che da rappresentante di istituto aiutò a sventare la temuta fusione con un altro istituto. Il collega Alessandro Di Battista prese 46/60 allo scientifico Farnesina di Roma: «Allora studiavo poco, ho cominciato a farlo più tardi. E la maturità fu una liberazione».
Mentre la giovanissima deputata pentastellata Marta Grande, 87 su 100 nel 2006 allo scientifico di Civitavecchia, aveva già in mente l’università: stava per partire per farla in Alabama. Oggi iniziano gli esami. «Studiate, ma affrontate le prove con serenità, e portate cioccolatini per i cali di zucchero», consiglia materna il ministro Boschi. «E scegliete la facoltà universitaria che vi piace senza troppi calcoli sulle possibilità di lavoro». Parola di una che ha fatto strada.