E’ di 7 arresti e 5 misure d’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria l’operazione di stamane con cui la Procura della Repubblica di Reggio Calabria ha sgominato una presunta associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, esercizio di una casa di prostituzione, nonché di una serie di reati in materia di prostituzione altrui previsti e puniti dalla legge “Merlin”, commessi ininterrottamente in Reggio Calabria dal settembre 2014.
Il provvedimento, emesso dal gip del tribunale reggino e condotto dai Carabinieri, prevede anche il sequestro preventivo dell’abitazione dove veniva in via principale esercitata l’attività di prostituzione: un’abitazione sita in località Reggio Campi.
L’indagine trae origine da un’ispezione amministrativa effettuata dai Carabinieri della Stazione di Cannavò all’interno del circolo privato denominato “Club Reggioland” e pubblicizzato da un omonimo sito internet, nel corso del quale i militari accertavano la presenza di diverse irregolarità, comunicandone gli esiti al preposto Ufficio Comunale che emetteva ordinanza di cessazione immediata dell’attività.
VIDEO DEGLI ARRESTI
Le successive risultanze investigative acquisite dai militari permettevano di appurare l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata al reclutamento di giovani donne da avviare alla prostituzione, alla gestione ed esercizio di una casa di tolleranza sita in località Reggio Campi – operante nei locali del fantomatico circolo privato -, all’organizzazione di feste ed addii al celibato nel corso dei quali far prostituire donne sia all’interno della citata casa di prostituzione, sia presso locali pubblici che presso private dimore.
Nello specifico si tratta di 2 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 5 agli arresti domiciliari e 5 dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria
Secondo quanto accertato dagli inquirenti, il ruolo principale nell’associazione è quello rivestito da Francesco Alati, che, in qualità di fondatore, promotore ed organizzatore, si occupava organizzare e dirigere la casa di tolleranza, prendere i contatti con i clienti per le serate “a domicilio”, reclutare prostitute, organizzarne il lavoro ed accertarsi che le stesse non avessero rapporti “affettivi” con i clienti.
Con la sua onnipresenza – spiega la procura -tutelava le donne che si prostituivano, così evitando problemi o rischi per la loro sicurezza personale. Infine, incassava i guadagni, retribuendo il lavoro delle donne e dividendo gli utili. L’Alati era costantemente coadiuvato dalla moglie Logoteta, la quale teneva i contatti con le prostitute, reclutandole ed organizzando le serate, nonché sovraintendendo al buon andamento della casa ed accompagnando le ragazze alle serate esterne.
Un dipendente “a tempo pieno” dell’associazione era sicuramente Toscano incaricato di andare a prendere al porto di Villa San Giovanni le prostitute provenienti dalla Sicilia, nonché di “recuperare” i clienti che non riuscivano a trovare la strada, sostituendo all’occorrenza alla reception l’Alati e scortando le ragazze nei servizi “a domicilio”.
Armandini e Lombardo coadiuvavano genericamente Alati nella gestione della casa, anche sostituendolo in caso di assenza, così distinguendosi quali uomini di fiducia.
Il disegno criminoso messo in atto dall’associazione era principalmente basato sull’esercizio di una casa di prostituzione, il cui punto di forza era rappresentato dalla vasta gamma di offerte sia in termini di tipologia di prestazioni che di ragazze.
In linea di massima, le serate organizzate dall’Alati e pubblicizzate alla clientela via Sms, si svolgevano due volte a settimana dalle 22.00 in poi. Inoltre, era possibile “prenotare” delle prestazioni sessuali a pagamento su appuntamento anche in orario diurno durante l’arco settimanale. Nel corso dell’indagine è stato possibile appurare che nella casa di prostituzione esercitavano il meretricio 11 donne dell’età compresa tra i 20 e i 50 anni.