Il sindaco di Milano Giuseppe Sala è indagato dalla Procura generale milanese in qualità di ex Amministratore delegato ed ex Commissario unico di Expo 2015 Spa in un’indagine sulla gara d’appalto più rilevante dal punto di vista economico dell’Esposizione Universale. E ha subito deciso di autosospendersi dalla carica: “Determinazione – ha spiegato – che formalizzerò domani mattina nelle mani del Prefetto di Milano”.
“Apprendo da fonti giornalistiche – ha spiegato Sala in una nota – che sarei iscritto nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla piastra Expo. Pur non avendo la benché minima idea delle ipotesi investigative, ho deciso di autosospendermi dalla carica di sindaco”. All’ex “numero uno” di Expo, da quanto si è saputo, viene contestata un’ipotesi di falso. Non è soltanto ripartita, dunque, ma ha anche già ‘accelerato’ l’inchiesta milanese sulla cosiddetta ‘Piastra dei servizi’. Indagine che avrebbe subito uno stop nel 2014 anche a causa dei contrasti al vertice della Procura.
La Procura generale, infatti, dopo aver tolto di mano il fascicolo proprio ai pm, esercitando un potere previsto dalle norme, con il sostituto pg Felice Isnardi non solo ha chiesto al gip Lucio Marcantonio di potere andare avanti negli accertamenti per altri 6 mesi ma ha anche iscritto nuovi nomi, rispetto ai cinque già noti, nel registro degli indagati. E tra questi Sala.
Nell’atto, notificato oggi dal giudice ad alcuni legali, il pg spiega che sono necessari ancora una serie di “approfondimenti” e ciò soprattutto alla luce del fatto che si è dovuto procedere a “nuove iscrizioni” e che sono necessarie ancora “audizioni”.
Pur non avendo la minima idea delle ipotesi investigative, ho deciso di autosospendermi dalla carica di Sindaco https://t.co/kvVTZ8TmGx
— Beppe Sala (@NoiMilano2016) 15 dicembre 2016
Le nuove iscrizioni, però, sarebbero state effettuate senza contestuali informazioni di garanzia ai ‘nuovi’ indagati. La Procura tempo fa aveva iscritto nel registro degli indagati cinque persone: gli ex manager Expo Angelo Paris e Antonio Acerbo, l’ex presidente della Mantovani spa Piergiorgio Baita e gli imprenditori Ottaviano ed Erasmo Cinque. Già agli atti della “prima” inchiesta, tra l’altro, figurava anche un’annotazione della Gdf, già emersa anche in un altro procedimento due anni fa, nella quale gli investigatori parlavano di un “contesto di evidente illegalità” in relazione all’appalto per la Piastra.
Gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria scrivevano all’epoca, tra le altre cose, anche che Sala, il responsabile unico all’epoca del procedimento Carlo Chiesa e l’allora general manager Paris non avrebbero tenuto un comportamento “irreprensibile e lineare”. Pur “con gradi di responsabilità diversi – chiariva la Gdf – attraverso le loro condotte fattive ed omissive hanno comunque contribuito a concretizzare la strategia volta a danneggiare indebitamente la Mantovani (impresa che vinse l’appalto con un ribasso di oltre il 40%, ndr) per tutelare e garantire, si ritiene, più che la società Expo 2015 Spa il loro personale ruolo all’interno della stessa”. Baita, tra l’altro, in un verbale ha spiegato che “c’era una forte spinta politico-amministrativa per far abbandonare alla Mantovani l’appalto”, perché la gara avrebbe dovuto essere vinta dall’associazione temporanea di imprese “a guida Pizzarotti (…) denominata nell’ambiente “Ati Formigoni” in quanto erano presenti (…) componenti di Comunione Liberazione”.
Dopo l’aggiudicazione alla Mantovani col massimo ribasso, poi, Beppe Sala, come ha messo a verbale l’ex dg di Infrastrutture Lombarde spa Antonio Rognoni, avrebbe detto al manager che “non avevano tempo per potere…” verificare la congruità dei “prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani” nel corso dell’esecuzione del contratto con l’inserimento di costi aggiuntivi, e “per verificare se l’offerta era anomala o meno”.
L’indagine, con al centro i reati turbativa d’asta e corruzione, era scattata nel 2012 ed era soprattutto finita al centro dello scontro tra l’ormai ex procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati e l’ex aggiunto Alfredo Robledo, il quale, su decisione del primo, nel 2014 era stato di fatto estromesso dagli interrogatori ‘centrali’ dell’inchiesta. I pm nei mesi scorsi hanno deciso alla fine di chiedere l’archiviazione del fascicolo ma il gip Andrea Ghinetti, a fine ottobre, non ha accolto la richiesta, ha convocato le parti per la discussione della vicenda per poi decidere se archiviare o chiedere un supplemento di indagine o ordinare l’imputazione coatta. Nel frattempo, tuttavia, è intervenuta la Procura generale che ha avocato il fascicolo a sé e ha ottenuto un mese di tempo per nuove indagini, termine poi scaduto qualche giorno fa. Da qui la richiesta di proroga per indagare ancora. (Ansa)