Fiumi di cocaina dalla Colombia all’Italia. Un patto tra narcos e ‘ndranghetisti “stracciato” stamane dalla Dda di Catanzaro che ha coordinato una indagine, condotta dalle Fiamme gialle che hanno eseguito 54 arresti in tutta Italia e sequestrato in Colombia 8 tonnellate di cocaina purissima che se immessa sul mercato dello spaccio avrebbe fruttato 1 miliardo e 600 milioni.
E’ stata così sgominata una potente e ramificata organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetistico dai marcati profili internazionali capace di pianificare l’importazione di quantità industriali di stupefacenti dal Sud America, in particolare dalla Colombia i cui narcos avevano contatti diretti con le ‘ndrine che sono attive nel Vibonese, nel Crotonese e nel Reggino.
L’operazione denominata “Stammer”, che rappresenta l’epilogo di una complessa attività investigativa condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria/Gico della Guardia di Finanza di Catanzaro e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo ha visto impiegati oltre 500 finanzieri, con l’ausilio di unità Antiterrorismo Pronto Impiego, di unità cinofile e della componente aerea del Corpo, per il fermo di 54 soggetti tra Calabria, Sicilia, Campania, Lazio, Toscana, Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia e l’esecuzione di numerose perquisizioni.
Nelle indagini, oltre ai soggetti fermati, sono indagati altri 20 personaggi alcuni dei quali non raggiunti dal provvedimento in quanto già reclusi per altri motivi. Le indagini, coordinate dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, dott. Nicola Gratteri, dal Procuratore Aggiunto, dott. Giovanni Bombardieri, e dal Sostituto Procuratore, dott. Camillo Falvo, hanno consentito di disarticolare un’organizzazione estremamente complessa, composta da diversi sodalizi criminali, riconducibili alla ‘ndrina Fiarè di San Gregorio d’Ippona (Vibo Valentia), alla ‘ndrina Pititto –Prostamo – Iannello di Mileto ed al gruppo egemone sulla contigua San Calogero organizzazioni satellite rispetto alla più nota ed egemonecosca dei Mancuso di Limbadi, con la sostanziale partecipazione delle più note ‘ndrine della Piana di Gioia Tauro e della provincia di Crotone.
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Clan calabresi assolutamente a loro agio nel contrattare direttamente con i “Cartelli Sudamericani” l’importazione di 8.000 chili di cocaina: partita questa che grazie alle indagini degli investigatori è stata sequestrata in Colombia, quando era già stoccata e nascosta in una piantagione di banane non distante dal porto di Turbo, mentre in Italia, nel porto di Livorno, le Fiamme Gialle hanno sequestrato il cosiddetto “carico di prova” consistente in 63 chilogrammi di cocaina pura, occultata all’interno di cartoni contenenti banane.
Nel corso dell’indagine è stato possibile ricostruire un progetto, poi non realizzato, di trasporto di ingenti quantitativi di cocaina a mezzo aereo utilizzando come scalo d’arrivo l’aeroporto internazionale di Lamezia Terme, oltre che l’impiego di motonavi con locali tecnici opportunamente modificati per accogliere il carico, da esfiltrare una volta arrivato a destinazione mediante l’impiego di sommozzatori all’interno di un’area portuale italiana.
Il sodalizio criminale non solo poteva contare sulle descritte entrature nel florido mercato sud americano per l’approvvigionamento della cocaina a prezzi assolutamente concorrenziali, ma era capace di tessere continui collegamenti con le floride “piazze” spagnole ed olandesi.
L’operazione antidroga, nome in codice “Stammer”, condotta, sotto l’egida della Procura della Repubblica di Catanzaro, dalle Fiamme Gialle della Sezione G.O.A. del GICO del Nucleo P.T.di Catanzaro, con la cooperazione della National Crime Agency inglese(N.C.A.) e della Polizia Colombiana, e l’indispensabile supporto del II Reparto del Comando Generale e della Direzione Centrale Servizi Antidroga (D.C.S.A.) per le numerose attività rogatoriali,ha dimostrato come i trafficanti calabresi ricevevano disponibilitàliquide anche da soggetti insospettabili, incensurati, personaggi celati dietro una facciata di liceità, spesso legata ad attività commerciali che vanno dalla ristorazione alle strutture ricettive turistico alberghiere, alle concessionarie di automobili, caseifici, bar e tabacchi, con partecipazioni anche in cantieri navali e aziende agricole, che non disdegnavano di fare affari con le potenti ‘ndrine vibonesi, tramite delle “puntate” per l’acquisto all’ingrosso della cocaina.
Il denaro destinato ai “Cartelli” veniva consegnato dai calabresi direttamente a cittadini colombiani e libanesi da anni residenti in Italia, ai quali venivaaffidato il recapito in Sudamerica.
L’inchiesta svolta dalle unità specializzate dei finanzieri del Nucleo P.T./G.I.C.O. ha, così, consentito di identificare tutti i soggetti coinvolti, ognuno con un ruolo ben preciso: dai finanziatori ai mediatori, dai traduttori a coloro che avevano il compito di ospitare gli emissari dei narcos colombiani, più volte giunti nel nostro Paese ed ospitati per lunghi periodi nel vibonese.Le investigazioni, poi, hanno anche permesso di accertare che alcuni personaggi di spicco hanno protetto anche con la forza i loro “affari”, come testimoniato dalle armi a disposizione di alcuni dei fermati, in quanto in più circostanze ostentavano disponibilità di kalashnikov e pistole di diverso calibro.
L’intera operazione ha permesso di infliggere all’organizzazione rilevanti perdite economiche, sia sotto il profilo dei capitali investiti che dei mancati guadagni: la droga complessivamente sequestrata, una volta lavorata ed immessa in commercio, avrebbe fruttato all’organizzazione oltre 1 miliardo e 600 milioni di euro (circa 200 euro a grammo) una volta raggiunte le piazze di spaccio; a ciò vanno aggiunti gli ingenti sequestri patrimoniali con cui si è proceduto a colpire gli accoliti dal punto di vista economico.
Si tratta, in particolare, di beni mobili ed immobili, quote societarie e autovetture di grossa cilindrata, per un valore stimato in circa 8 milioni di euro, sottratti agli esponenti delle associazioni criminali nonché a quei finanziatori che dagli affari con le cosche attendevano importanti introiti.
Attraverso l’attività della Guardia di Finanza, infatti, si è proceduto a verificare per ciascun soggetto la presenza di sproporzione tra i redditi dichiarati e le possidenze intestate procedendo, al fine di scongiurare la dispersione dei patrimoni, al sequestro dei beni non giustificati.