5 Dicembre 2024

Duro colpo a Cosa Nostra, sgominato il clan Rinzivillo. L’INCHIESTA

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arresti RinzivilloAveva le mani in pasta dappertutto, con un forte radicamento in Italia e all’estero il clan di Cosa Nostra Rinzivillo, di Gela, sgominato stamane in un maxi blitz interforze nell’ambito di due inchieste delle Distrettuali antimafia di Roma e Caltanissetta coordinate dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo culminate all’alba con l’arresto di 37 persone ritenuti responsabili a vario titolo di plurimi reati aggravati dal metodo mafioso.

Le operazioni, denominate “Druso” e “Extra Fines”, sono state condotte da 600 uomini tra finanzieri, polizia, carabinieri e polizia criminale tedesca, in Sicilia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e, appunto, in Germania. Sequestrati beni e società per oltre 11 milioni di euro.

Tra gli arrestati figurano tra gli altri il boss gelese, Salvatore Rinzivillo, a capo dell’omonima famiglia mafiosa siciliana, un avvocato del foro di Roma, Giandomenico D’Ambra e due uomini dell’Arma, Marco Lazzari e Cristiano Petrone.

LE INCHIESTE

In particolare, il Gip del Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia romana, a seguito delle indagini condotte dal Gico della Guardia di Finanza di Roma e dal Reparto operativo – Nucleo investigativo dei Carabinieri di Roma, ha disposto l’arresto di 10 soggetti, tra cui il boss gelese Salvatore Rinzivillo, da tempo dimorante a Roma, per intestazione fittizia di società al fine di eludere la normativa antimafia in materia di misure di prevenzione patrimoniali, traffici di droga sull’asse Germania – Italia, destinati a rifornire il mercato della Capitale, ed un grave episodio estorsivo, aggravato dalle modalità mafiose.

A tale ultimo proposito, le indagini svolte, consistite in intercettazioni telefoniche, ambientali e complessi accertamenti economico – patrimoniali, hanno permesso di documentare tutte le fasi dell’estorsione nei confronti della nota famiglia Berti, titolare del rinomato Cafè Veneto, sito nella centralissima Via Veneto della Capitale.

Le sinergiche indagini della Guardia di Finanza e dei Carabinieri di Roma, hanno documentato come Salvatore Rinzivillo, sollecitato dal comandante gelese Santo Valenti, assistito da un nutrito numero di compartecipi, con il ruolo di “ambasciatori” delle richieste estorsive ovvero serventi all’effettuazione di attività prodromiche all’individuazione e monitoraggio delle medesime vittime, ponesse in essere chiare minacce volte a condizionare la gestione di forniture nell’ambito del mercato ortofrutticolo di Roma.

GUARDA IL VIDEO DELL’OPERAZIONE INTERFORZE

 

Secondo l’accusa, anche giovandosi dei rapporti instaurati con due infedeli “uomini di Stato”, Marco Lazzari e Cristiano Petrone, che sarebbero stati impiegati dal boss per l’acquisizione illecita di notizie sulla vittima attraverso l’abusivo accesso alle Banche Dati in uso alle Forze di Polizia, nonché, il solo Lazzari, anche per l’effettuazione di sopralluoghi presso il Café Veneto,  Salvatore Rinzivillo ed il Santo Valenti, coadiuvati da pregiudicati e non, gelesi e romani, individuati in Angelo Golino, pregiudicato romano, deputato alla consegna di pizzini minatori, Salvatore Iacona, pregiudicato romano, avente la disponibilità di armi, investito della materiale realizzazione di atti violenti, e Rosario Cattuto, pregiudicato gelese, anch’egli responsabile di diretti atti intimidatori e minacce verbali, compivano atti diretti in modo non equivoco ad ottenere dalla famiglia Berti, indebitamente, la somma di 180.000 euro.

La vittima dell’estorsione Aldo Berti, individuato quale persona solvente ed economicamente capace di soddisfare le indebite richieste, da un lato, presentava formale denuncia contro gli estortori e, dall’altro, al fine di dirimere la controversia, si rivolgeva al pregiudicato mafioso palermitano Baldassarre Ruvolo, prima collaboratore di giustizia e poi estromesso dal programma di protezione, già appartenente alla famiglia mafiosa di Cosa Nostra dei Galatolo dell’Acqua Santa di Palermo.

Parimenti, il Gip del Tribunale nisseno, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, a seguito delle indagini condotte dalla locale Squadra Mobile, con la collaborazione del Commissariato di Gela, e dal Gico della Guardia di Finanza di Roma ha disposto l’arresto di 31 soggetti, per associazione di stampo mafioso, plurimi episodi di estorsione e detenzione illegale di armi, riciclaggio e autoriciclaggio, intestazione fittizia di società al fine di eludere la normativa antimafia in materia di misure di prevenzione patrimoniali e traffici di droga.

In particolare, rilevata la convergenza tra le parallele indagini dirette dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Roma e Caltanissetta, la Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo coordinava le relative risultanze, dando avvio a una proficua quanto straordinaria collaborazione tra la Polizia di Stato di Caltanissetta e la Guardia di Finanza di Roma.

Le sinergiche attività investigative, anche in questo caso consistite in numerose intercettazioni telefoniche e ambientali, attività dinamica e mirati accertamenti economico patrimoniali, permettevano di attestare l’attuale operatività della famiglia mafiosa Rinzivillo, etero diretta dai reclusi al regime del cosiddetto “carcere duro” Antonio Rinzivillo e Crocifisso Rinzivillo, attraverso la figura del “reggenteSalvatore Rinzivillo il quale, a seguito degli interventi repressivi disposti dalla Dda di Caltanissetta ed eseguiti dalla locale Squadra Mobile nel giugno e nel novembre 2015, nel contesto delle operazioni Malleus e Redivivi, veniva richiamato in Sicilia dalla Capitale, al fine di riorganizzare le illecite attività della famiglia mafiosa e riaffermare il predominio sul territorio, coprendo la vacanza di comando venutasi a creare.

In tal senso, emergeva come il Rinzivillo, così investito di tale rilevante ruolo di reggente della famiglia mafiosa di Gela, intraprendesse diretti rapporti con altri capi mafia palermitani, con mafiosi operativi nella provincia di Trapani e di Catania, mostrando un assoluto dinamismo criminale, sia rispetto alla commissione di molteplici reati volti ad agevolare l’associazione mafiosa (estorsioni, altri traffici di droga, plurimi episodi di detenzione illecita di armi da fuoco) e sia con riguardo alla diversificazione delle attività commerciali-imprenditoriali riconducibili alla famiglia, con conseguente infiltrazione nell’economia legale.

In altre parole, la complessa ed articolata attività investigativa svolta nell’ambito dei due distinti procedimenti penali alla sede di Caltanissetta e Roma e concentrata su soggetti appartenenti al gruppo Rinzivillo – quest’ultimo operante principalmente nel mandamento di Gela, ma con articolazioni anche nel Lazio, in Lombardia e pure in Germania – permetteva di acquisire molteplici elementi che consentono di affermare come al vertice dell’associazione mafiosa continuino ad esservi, nonostante la detenzione al regime di cui all’art. 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario, i personaggi storici di riferimento del sodalizio, vale a dire i fratelli Antonio e Crocifisso Rinzivillo, assumendo il Salvatore Rinzivillo, qualche tempo dopo la sua scarcerazione, avvenuta nel 2013, il ruolo di reggente.

L’organizzazione, peraltro, è risultata allo stato composta da un’ala criminale – che si occupa di traffico internazionale di sostanze stupefacenti, estorsioni, intestazioni fittizie e traffico di armi – e da un’ala imprenditoriale, che si occupa invece di edilizia, di trasferimento fraudolento di beni nonché di commercializzare autoveicoli, alimenti in genere e prodotti ittici in particolare.

Sul fronte criminale, l’associazione mafiosa è risultata attiva nello storico settore delle estorsioni; in particolare, si documentava come il Salvatore Rinzivillo, direttamente ovvero per il tramite di suoi accoliti, fosse solito pretendere il pagamento di somme di denaro a titolo estorsivo; richiedere modalità di pagamento indebite rispetto a forniture di prodotti ittici; procedere al violento recupero di crediti.

Parimenti, la stessa organizzazione è risultata dotata di una allarmante potenza di fuoco, essendo in possesso di più armi, a disposizione del sodalizio mafioso per eventuali intimidazioni e/o regolamenti di conti.

Sul fronte imprenditoriale, di primaria importanza è risultato l’interesse per la commercializzazione di prodotti ittici sull’intero territorio nazionale e all’estero, in forza di accordi intercorsi tra il boss di Gela Salvatore Rinzivillo ed importanti esponenti della mafia palermitana.

A tal riguardo, le indagini svolte dalla Squadra Mobile di Caltanissetta e dal Gico di Roma hanno chiarito l’esistenza di un vero e proprio accordo di spartizione territoriale per il commercio di prodotti ittici in tutta la Sicilia, con mire espansionistiche anche sui mercati romano, milanese e tedesco, nonché dimostrato come il clan abbia utilizzato le società ittiche per il reimpiego dei proventi illeciti derivanti dalle attività criminali del sodalizio mafioso.

Il “patto mafioso” sul commercio di pesce, peraltro, consentiva al Salvatore Rinzivillo di “infiltrarsi” nel mercato di settore per mezzo di imprese mafiose da lui controllate, riferibili ai gelesi Carmelo e Angelo Giannone, padre e figlio.

Ancora, Salvatore Rinzivillo prendeva contatti con esponenti mafiosi di Mazara del Vallo (costringendo taluni imprenditori locali a fornire il pesce a credito piuttosto che a fronte di pagamento in contante all’atto della consegna), con importanti pregiudicati messinesi e perfino con un boss italo-americano del calibro di Lorenzo De Vardo, di stanza a New York, anche per l’avvio di importanti iniziative economico-commerciali, soggetto noto sin dai tempi del maxi processo di Palermo, quale appartenente alla “famiglia mafiosa Bonanno – fazione Catalano di Cosa Nostra”.

Da ultimo, anche dalle indagini della Dda di Caltanissetta emergevano, come già documentato dalle parallele investigazioni dirette dalla Dda di Roma, significativi rapporti del Salvatore Rinzivillo con clan mafiosi catanesi: appartenenti alla famiglia calatina di Francesco La Rocca, storico capomafia di San Michele di Ganzaria; appartenenti al clan dei Carcagnusi” (Mazzei), sodalizio criminale catanese con interessi anche nella Capitale e, per esso, indirettamente, con Sergio Giovanni Galdolfo, detenuto all’estero.

A tale ultimo proposito, l’atteggiamento di Salvatore Rinzivillo nei confronti dei Carcagnusi”, dapprima conflittuale, mutava al punto che, nel febbraio del 2016, si attivava per affidare la tutela legale del Gandolfo all’avvocato romano Giandomenico D’Ambra, facendo da tramite tra quest’ultimo ed i familiari del primo.

Come rilevato dalla Dda di Caltanissetta, la figura del legale Giandomenico D’Ambra del Foro di Roma costituisce l’archetipo dell’esponente della cosiddetta “area grigia”: un professionista che si serve della criminalità organizzata e di cui quest’ultima, a sua volta, si avvale in un chiaro e diretto rapporto sinallagmatico.

Secondo l’accusa, su richiesta e per conto di Salvatore Rinzivillo, l’avvocato D’Ambra avrebbe intessuto affari illeciti di interesse comune, ha incontrato altri affiliati del clan Rinzivillo operanti in Lombardia, come Rolando Parigi e Alfredo Salvatore Santangelo, nonché, per propri fini, non ha esitato ad avvalersi dei “servizi” che gli appartenenti all’organizzazione criminale risultavano in grado di dispensare con il metodo dell’intimidazione (dando mandato a Rosario Cattuto di porre in essere un’aggressione fisica ai danni di un soggetto per asportagli, con violenza, un orologio “Philip Patek” del valore di circa 40 mila euro).

Dalle indagini della Dda di Caltanissetta e Roma sarebbe emerso come l’avvocato D’Ambra si sarebbe preoccupato di raccogliere notizie su indagini in corso, specie se relative a Salvatore Rinzivillo, onde poter assumere le necessarie contromisure elusive delle investigazioni. Sul punto, ai medesimi fini, Salvatore Rinzivillo avrebbe fidelizzato i due pubblici ufficiali infedeli dell’Arma Cristiano Petrone e Marco Lazzari.

Sempre secondo i magistrati Marco Lazzari sarebbe giunto a gestire i contatti con altri affiliati del clan mafioso, tra cui Ivano Martorana, “luogotenente” di Salvatore Rinzivillo in Germania ed operante nel settore del traffico illecito di sostanze stupefacenti, nonché, assecondando la volontà di Salvatore Rinzivillo circa la necessità di evitare contatti diretti con soggetti di una certa caratura criminale e ritenuti a rischio di attività investigative, fungendo da “collegamento”, unitamente a Ivano Martorana, per intermediare i contatti tra il boss gelese e Nicola Gueli, oltre a svolgere taluni “servizi” di appostamento e sopralluogo, funzionali alla realizzazione di attività estorsive, quale quella commessa ai danni della famiglia Berti.

In definitiva, sia all’avvocato D’Ambra che al Lazzari è stata contestata la condotta illecita di concorrenti esterni rispetto all’associazione mafiosa Cosa Nostra, nella componente denominata clan Rinzivillo, avendo posto a disposizione del boss Salvatore Rinzivillo i propri servigi, funzionali agli illeciti scopi.

Da ultimo, come detto, analoga operatività illecita della famiglia Rinzivillo emergeva in Germania, dove Salvatore Rinzivillo rivitalizzava la cellula criminale, operante nelle città di Karlsruhe e di Colonia,nei land tedeschi di BadenWüttemberg e della Renania SettentrionaleWestfalia, individuando nell’insospettabile e incensurato Ivano Martorana, di origini gelesi ma da sempre di stanza in Germania, il nuovo luogotenente, unitamente allo zio Paolo Rosa, altro gelese trasferitosi in Germania e già collegato al capo famiglia Antonio Rinzivillo, il soggetto cui demandare l’organizzazione e realizzazione di più traffici di droga ovvero la verifica della possibilità di realizzare articolati investimenti in Germania nei settori storicamente d’interesse della famiglia Rinzivillo, quali le costruzioni e quello alimentare.

In tale ambito, nel maggio 2015, la Direzione distrettuale antimafia di Roma avviava una complessa attività rogatoriale, dapprima con la Procura di Karlsruhe, assistita dalla locale Polizia Federale, e poi, dal gennaio 2016, con la Procura di Colonia, assistita dalla locale Polizia Criminale – Commissariato nr. 23.

Le citate attività investigative, svolte in collaborazione con la Polizia tedesca, consentivano di riscontrare l’illecita operatività della cellula mafiosa, intenta a riattivare importanti traffici di droga direttamente in Germania e sull’asse Germania – Italia, anche avviando contatti con il noto Antonio Strangio, identificato nel latitante Antonio Strangio inteso “TT” [di Locri (Reggio Calabria) classe 1979], noto gestore del ristorante “Da Bruno” a Duisburg, dove fu consumata la  “Strage di ferragosto” dell’agosto 2007.

Più in particolare, in Germania, Salvatore Rinzivillo, unitamente agli stiddari Angelo e Calogero Migliore, padre e figlio, nonché con la compartecipazione del pugliese domiciliato in Germania Michele Laveneziana, oltre ai già nominati Ivano Martorana e Paolo Rosa, illecitamente acquistavano e detenevano, per la successiva vendita, 3 Kg. di cocaina.

In tale contesto, tra l’altro, nell’agosto 2015, durante le predette attività rogatoriali, la stessa Polizia Tedesca, su decreto della Pretura di Pforzheim, eseguiva una perquisizione nei confronti del Laveneziana, rinvenendo tre armi da fuoco (due pistole semiautomatiche ed un fucile a canne mozze), circostanza emersa dalle indagini tecniche disposte dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma.

Infine, la Dda di Caltanissetta ha ottenuto il sequestro preventivo di due compendi aziendali, di partecipazioni di tre società, denaro contante e un’autovettura di grossa cilindrata, per un ammontare complessivo di circa 11 milioni di euro.

Alle operazioni odierne hanno fornito un rilevante apporto in fase esecutiva anche le Squadre Mobili di Roma, Milano, Monza, Bergamo, Varese, Brescia, Piacenza, Novara, Sassari, L’Aquila, Palermo, Trapani, Ragusa e Catania, nonché i Comandi Provinciali della Guardia di Finanza di Roma, Palermo, Trapani, Catania, Agrigento, Caltanissetta, Enna, Siracusa, Ragusa, Milano, Novara, Sassari e del Reparto Operativo Aeronavale di Civitavecchia.

In conclusione, l’odierna operazione costituisce l’epilogo di un’eccezionale azione di contrasto alle organizzazioni mafiose sull’intero territorio nazionale e estero, che ha visto il coinvolgimento di più autorità giudiziarie, le Dda di Roma  e Caltanissetta, la Procura di Karlsruhe e di Colonia, nonché di tutte le Forze di Polizia italiane e della Polizia Criminale di Colonia, costituendo uno straordinario esempio dell’estrema efficacia della lotta coordinata e trasversale alle mafie: tutti insieme e a ogni latitudine.


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