I Finanzieri della Guardia di finanza di Bologna e del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata (Scico) di Roma hanno dato esecuzione, in Emilia Romagna, Lazio e Calabria, ad una ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Bruno Filippone, 35 anni, di Siderno (Reggio Calabria), Francesco Corrao, 30, sidernese domiciliato ad Anzio ma rintracciato nel Bresciano a casa della fidanzata, e Calogero Lupo, 51, di Massa Lombarda (Ravenna).
I tre sono ritenuti vicini alla ‘ndrina dei Bellocco di Rosarno, e nel provvedimento sono considerati responsabili di un episodio di estorsione dal metodo mafioso ai danni dei familiari di un collaboratore di giustizia in provincia di Ravenna.
L’operazione, in codice “Scramble”, scaturisce dalle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Rocco Nicola Femia (condannato per associazione mafiosa a seguito della storica sentenza emessa dal Tribunale di Bologna il 22 febbraio 2017 che lo ha ritenuto capo e promotore di un’associazione di stampo mafioso operante nel settore del gioco illegale) il quale aveva riferito di comportamenti delittuosi, in particolare di natura estorsiva, posti in essere da alcuni soggetti di origine calabrese attivi sul territorio emiliano-romagnolo e riconducibili alla ‘ndrina dei Bellocco di Rosarno, una delle consorterie criminali più antiche, pericolose e potenti della ‘Ndrangheta reggina, con importanti ramificazioni in Emilia-Romagna e nel Nord Italia, attiva in diversi settori illeciti, primi fra tutti quelli del narcotraffico, delle estorsioni e del controllo delle attività commerciali e imprenditoriali.
La vicenda originaria risale al gennaio 2011, allorquando l’attuale collaboratore di giustizia riceveva le prime richieste estorsive collegate alla gestione di una sala scommesse da Femia diretta a Roma. Le successive vicende giudiziarie, che avevano coinvolto in tempi diversi ed a vario titolo sia gli estorsori che l’estorto, avevano fatto registrare delle battute di arresto nelle indebite pretese di denaro.
Successivamente, tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, nonostante Femia fosse ristretto in regime carcerario, anche a seguito del suo arresto intervenuto con l’operazione “Black Monkey” del Gico di Bologna, le richieste illecite, per un ammontare di 250mila euro, sono riprese nei confronti dei suoi figli, residenti in provincia di Ravenna, fino ad arrivare al novembre del 2016 quando le minacce rivolte nei confronti dei congiunti di Nicola Femia, direttamente presso le loro abitazioni in Conselice (Ravenna), non li convinsero a pagare in tre soluzioni 50mila euro.
L’attività investigativa, anche di natura tecnica, svolta anche avvalendosi dei filmati delle telecamere di sorveglianza installate presso il municipio del comune ravvenate, come scrive il Gip nell’ordinanza, “ha permesso di riscostruire e riscontrare analiticamente la vicenda estorsiva che ha visto coinvolti a Conselice (Ravenna), da un lato, come parti offese, i figli del noto boss Nicola Femia e dall’altro, nella veste di autori del delitto estorsivo, gli odierni indagati, inseriti o gravitanti nell’orbita della ‘ndrina “Bellocco”, comunque avvalendosi della forza intimidatrice derivante dal gruppo criminale di stampo ‘ndranghetista.”
Contestualmente all’esecuzione del provvedimento cautelare sono state eseguite perquisizioni a Conselice e Massa Lombarda in Provincia di Ravenna, Siderno, Rosarno e Palmi in Provincia di Reggio Calabria e ad Anzio in Provincia di Roma.