Il giudice Petrini svela il “sistema”. Il ruolo del potente avvocato difensore di boss e colletti bianchi

Il magistrato arrestato a gennaio (e scarcerato oggi) parla con i pm. Il pentito Andrea Mantella tira in ballo il suo ex difensore di fiducia: "Sa come aggiustare i processi".

Carlomagno
Il giudice Petrini svela il
Il giudice Marco Petrini

Potrebbe avere sviluppi clamorosi l’inchiesta della Dda di Salerno culminata qualche settimana addietro con l’arresto di Marco Petrini, giudice di sezione presso la Corte di Appello di Catanzaro, finito in manette insieme ad altre persone, tra cui il medico di Castrovillari Emilio Santoro detto Mario, e l’ex consigliere regionale della Calabria Pino Tursi Prato.

Il magistrato è stato interrogato dal pm della Procura campana Luca Masini. Petrini, che proprio oggi è stato scarcerato, ha risposto a tutte le domande e nelle quasi cento pagine di verbale inchioda altre persone, anche suoi colleghi, le quali sarebbero coinvolte come lui nel presunto sistema di corruzione negli uffici giudiziari del distretto catanzarese.

Petrini, ma anche Santoro, avrebbe svelato particolari di grande interesse investigativo che potrebbero far scattare nuove indagini in un contesto inquinato in cui gravitano altri magistrati, avvocati, imprenditori e professionisti, alcuni dei quali appartanenti alla massoneria e altri vicini ad ambienti della criminalità organizzata.

Proprio ieri c’è stato il rinvio a giudizio per il caso di Andrea Mantella, il boss pentito che è riuscito a farsi scarcerare grazie a false perizie di medici compiacenti e avvocati di grido. Un caso che viene riportato nell’ordinanza del giudice distrettuale di Salerno Giovanna Pacifico che ha autorizzato l’arresto di Petrini e gli altri.

Andrea Mantella, ex “sgarrista” della ‘ndrangheta vibonese parlando con gli inquirenti dopo il “salto” svela intrecci inquietanti che potrebbero essere alla base di una nuova e imminente bomba giudiziaria

Parla di sé e degli altri. In particolare tira in ballo l’avvocato Salvatore Staiano, del foro di Catanzaro, ieri rinviato a giudizio per il caso della sua scarcerazione. Un penalista molto potente, Staiano, difensore di politici, colletti bianchi e ‘ndranghetisti. Lo stesso Mantella è stato suo cliente insieme all’avvocato Giuseppe Di Renzo, anche lui mandato a processo per le false perizie presentate al fine di far scarcerare l’ex boss che voleva andare nella casa di cura Villa Verde di Cosenza.

Secondo quanto emerge dagli atti, Staiano sarebbe stato in grado di interferire nei processi, grazie ai giusti agganci nel sistema giudiziario di Catanzaro. Il pentito parla degli stretti rapporti tra Marco Petrini e il legale. Per essere scarcerato, avrebbe dato al legale catanzarese una parcella di 65.000 euro.

Nell’aprile 2019 Mantella viene interrogato dal pm il quale gli chiede se fosse a conoscenza di relazioni esistenti fra altri magistrati del distretto di Catanzaro ed esponenti della criminalità organizzata calabrese.

“Mi risulta – dice il pentito – che l’avvocato Giancarlo Pittelli (finito in carcere nell’inchiesta Rinascita Scott e difeso dall’avvocato Staiano, ndr), onorevole, massone deviato, vanta delle amicizie con il Presidente Marco Petrini della Corte di Appello di Catanzaro. Anche per il Presidente Petrini negli ambienti della criminalità organizzata ed in particolare da Domenico Bonavota, da Ernesto Grande Aracri, dallo stesso Abramo Giovanni ed anche da Nicolino Grande Aracri ho appreso che era a sua volta un massone deviato, chiamato in gergo il “bolognese”.

“Sempre Domenico Bonavota ed Ernesto Grande Aracri ed anche Giovanni Abramo mi hanno riferito che vi erano rapporti di amicizia fra l’avvocato Staiano e il dottore Petrini e che quest’ultimo gradiva avere qualche regalo in cambio di ammazzare sentenze, preferibilmente denaro, orologi, comunque beni che non lasciavano traccia”.

“I canali privilegiati per accedere al Dott. Petrini, – dice Mantella – sono Salvatore Staiano, Giancarlo Pittelli Anselmo Torchia, Nicola Cantafora, Francesco Gambardella (cugino della moglie di Petrini, ndr).

A conferma del legame tra il giudice e l’avvocato lo scorso marzo gli investigatori che tallonavano gli indagati dell’inchiesta “Genesi” registrano un incontro nello studio di Petrini in Corte di Appello tra quest’ultimo, un altro magistrato e l’avvocato Staiano.

Nel corso dell’incontro, è scritto nell’ordinanza, l’avvocato Staiano dopo essere entrato nell’ufficio ed aver salutato i presenti, esordiva, con tono assolutamente confidenziale, dicendo di essere sottoposto ad indagini da parte della DDA di Catanzaro e di conoscere anche il nome del pm che stava indagando su di lui, nonché quello del pentito che lo accusava, cioè Mantella, suo ex assistito, la cui inchiesta è culminata ieri con il rinvio a giudizio di Staiano, l’altro ex difensore di fiducia Di Renzo e altri medici, compreso il proprietario di Villa Verde Ambrosio.

“Mo’ mi stanno investigando qua, la Distrettuale, so pure chi è il Pubblico Ministero, so pure chi è il collaboratore”, afferma riferendo di essere venuto a conoscenza di tale situazione incidentalmente in quanto ha letto gli atti relativi ad un avvocato indagato e che difendeva: “Ma qua sono malati di testa”, ha detto il legale davanti a Petrini e all’altro giudice.

Nel prosieguo della conversazione, si legge, lo stesso Staiano, che appariva particolarmente contrariato dalla notizia, si lasciava andare a commenti che riguardavano la propria moralità e condotta  professionale citando, a tal proposito, delle voci che circolavano sul suo conto e su quello del PETRINI Marco, in ordine a strani ed illeciti rapporti esistenti tra i due, annota il pm.

Staiano proseguiva dicendo che anche negli ambienti carcerari e tra gli stessi ‘ndranghetisti si parlava di lui come persona “assetata” di soldi, autodefinendosi, in tal senso, una “troia”: “Io sono una troia per i soldi, mi chiamano sanguisuga nel carcere”. E proseguiva il discorso affermando di non temere neanche gli ‘ndranghetisti in quanto se si rivolgevano a lui per essere difesi dovevano pagare e, qualora avessero pagato solo in parte, dovevano essere coscienti di essere debitori nei suoi confronti e quindi a sua disposizione: “I ‘ndranghetisti li caccio dallo studio per soldi, ‘ndranglretisti seri, non ‘ndranghetisti che si fanno la pipì addosso, i capi, i capi mi devono dire se mi pagano…Presidente (dice rivolgendosi a Petrini, ndr), tipo centomila (euro), poi me ne portano cinquemila, poi non me ne danno più, però, loro sanno di essere debitori, quindi li tengo io sotto”.

Lo stesso Staiano continuava ad elencare tutte quelle che erano “le voci” che correvano sul suo conto, quali il fatto ch’egli “pagasse” il dott PETRINI, che pagasse un altro giudice (di cui non faceva il nome), che gestisse i soldi della ‘ndrangheta reggina e che, per tale motivo, si era recato alla “Distrettuale” al fine di riferire tali circostanze: “Sono andato in Distrettuale “si dice che io paghi un Giudice di Corte d’Assise”, “e chi?” “PETRINI”. Poi che “pagammi” (espressione dialettale catanzarese, inteso, “abbiamo pagato”) un altro giudice, poi che avevo un rapporto intimo col Pubblico Ministero, poi che sono cocainomane, poi che gestivo i soldi della mafia reggina”.

Tornando alle dichiarazioni di Mantella sull’avvocato, il collaboratore, come già ha attribuito allo Staiano il ruolo di collegamento tra i soggetti appartenenti alla criminalità organizzata e alcuni esponenti della magistratura calabrese, definendolo, in particolare, come persona “nelle mani di Nicolino GRANDE ARACRI”, il boss di Cutro che aveva ramificazioni al Nord e in particolare in Emilia Romagna.

Per comprendere appieno il senso di tale dichiarazione i magistrati di Salerno riportano integralmente le dichiarazioni di Mantella.

“Nello studio dell’avvocato Staiano lavorava il fratello di Nicolino GRANDE ARACRI e con fiumi di denaro aggiustavano processi. La strategia era quella di far cadere le accuse di maggiore gravità. Ero in cella con Giovanni ABRAMO e con Ernesto GRANDE ARACRI dai quali apprendevo che tramite l’avvocato STAIANO e l’avvocato GRANDE ARACRI sarebbero riusciti ad aggiustare i processi per i quali erano imputati per omicidio ed associazione mafiosa, ciò all’icirca nel 2011, 2012 o 2013”.

“In una cella di fronte – racconta ancora il pentito Mantella – vi era anche Grande ARACRI NICOLINO (carcere di Catanzaro, Siano) e lo stesso mi consigliò di nominare l’avvocato Salvatore STAIANO. In particolare nel processo “Nuova Alba” io ho nominato l’avvocato STAIANO per la prima volta. Mi risulta che tanto Nicolino, quanto Ernesto GRANDE ARACRI si rivolgevano, per il tramite dell’avvocato Domenico GRANDE ARACRI, all’avv. STAIANO, il quale aveva il compito di aggiustare il processo. Non conosco il nominativo del magistrato da avvicinare. Non ricordo l’esito del processo elle riguardava GRANDE ARACRI Nicolino e ABRAMO”, afferma il collaboratore.

E spiega ancora: “Io sono stato scarcerato attraverso certificati che attestavano la mia malattia; io ho dato 65.000 o 70.000 euro all’avvocato STAIANO, il quale mi disse che servivano per ungere (corrompere, ndr) e per farmi ottenere la scarcerazione”, dice ancora il pentito citando altri magistrati…

Dino Granata