Oltre cento Carabinieri del Gruppo Tutela Salute di Napoli e dei Comandi provinciali di Crotone, Cosenza e Reggio Calabria, anche con il supporto di droni, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice del Tribunale di Crotone su richiesta della locale Procura della Repubblica, nell’ambito dell’operazione denominata “Fox” del Nas di Cosenza.
Il bilancio è di sei arresti, (2 in carcere e 4 ai domiciliari), e due interdizioni, tra cui 6 veterinari ufficiali in servizio presso l’Asp di Crotone, ritenuti a vario titolo responsabili dei reati di accesso abusivo a sistema informatico, falsità ideologica commessa da pubblici ufficiali in atti pubblici, ricettazione, abuso d’ufficio, omissione di atti d’ufficio, contraffazione di sostanze alimentari, commercio di sostanze alimentari nocive e diffusione di malattie infettive animali.
In carcere sono finiti i gestori di uno stabilimento di macellazione carni sito a Strongoli, mentre i veterinari indagati sono tra quelli finiti ai domiciliari e due, in servizio nei distaccamenti di Cirò Marina e Roccabernarda, sono stati sospesi dall’esercizio della professione.
Il provvedimento prevede inoltre il sequestro dello stabilimento di macellazione e dei quattro allevamenti ad esso direttamente collegati, per un valore di oltre un milione di euro.
Le indagini, avviate nell’anno 2019 in seguito ad una segnalazione interna al Servizio Veterinario, e svolte dal Nas di Cosenza sotto la costante direzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone, hanno riguardato l’intera filiera delle carni (bovine, suine ed ovi-caprine) nella citata provincia ed hanno interessato, oltre ai soggetti destinatari dell’odierna misura cautelare, anche 14 allevatori di bestiame, nei cui allevamenti sono in corso perquisizioni.
L’attività investigativa ha consentito di ricostruire come i veterinari indagati, al fine di procurare ingiusti vantaggi patrimoniali agli allevatori cui erano contigui, ponessero in essere una serie di omissioni e di atti contrari ai doveri del proprio ufficio quali l’attestazione di profilassi anti-tubercolosi mai avvenute, l’alterazione dei prelievi di sangue effettuati su capi suini al fine di consentirne la macellazione, l’intermediazione nell’illecito traffico di marche auricolari, sovente appartenute ad animali deceduti e successivamente apposte ad altri capi abusivi al fine di sanarne l’illecita posizione, o ancora l’inserimento e la revoca di false denunce di smarrimento di animali.
Più in generale è stato documentato, da parte dei pubblici ufficiali coinvolti, un utilizzo distorto dell’Anagrafe Zootecnica informatizzata, in cui venivano registrati dati completamente scollegati dalla realtà ed inseriti al solo fine di regolarizzare i traffici commessi dagli allevatori indagati.
L’illiceità dei comportamenti era nella evidente consapevolezza dei veterinari coinvolti, che infatti la sottolineavano puntualmente nel corso dei colloqui telefonici con gli allevatori, anche al fine di far loro “pesare” l’interessamento speso; in un caso infatti uno dei veterinari, parlando al telefono, ha commentato: “siete certi furbacchioni…tu ti vendi i vitelli, noi parliamo a telefono e poi… viene Gratteri!” evocando, tra l’ilarità generale, l’intervento dell’autorità giudiziaria.
Terminale delle condotte illecite- secondo l’accusa – era lo stabilimento di macellazione di Strongoli sottoposto a sequestro, il cui gestore è stato tratto in arresto unitamente ad un’impiegata amministrativa che di fatto sovrintendeva a tutte le presunte attività criminose. Presso il citato macello, nel corso dell’indagine, sono stati sezionati centinaia di capi tra bovini, suini ed ovi-caprini privi di qualsivoglia profilassi o certificazione sanitaria, le cui carni sono state in seguito vendute e sono finite sulle tavole di ignari consumatori.