Un agente che si muove con una tuta speciale come se fosse sul luogo del delitto, rivivendo come in una sorta di videogame i punti di vista di un criminale o di una vittima. Lente di ingrandimento e torcia finiscono nel cassetto, per riportare alla luce i fatti così come sono realmente avvenuti, ora la polizia scientifica analizza la scena del crimine con avatar, ricostruzioni in 3D attraverso il ‘teatro virtuale’, il primo laboratorio europeo forense nato dall’integrazione di tecnologie innovative.
Un ulteriore approccio che rappresenta l’evoluzione di quello scientifico, dove una squadra selezionata di ingegneri, informatici, fisici ed architetti riuniti in un laboratorio inseriscono impronte, traiettorie balistiche, tracce genetiche e risultati di intercettazioni e pedinamenti all’interno di un modello virtuale.
Dopo aver ricostruito la scenografia tridimensionale del delitto all’interno di una stanza, si passa alla posizione di uno o più operatori che si muovono all’interno dello spazio con una tuta tecnica dotata di sensori.
Il tutto rilevato millimetricamente, per consentire di animare degli avatar che diventano protagonisti di quella scena virtuale, come se fossero le persone che si trovavano sul luogo del crimine: il sistema utilizzato dai tecnici per l’animazione dei personaggi è il cosiddetto motion capture, preso in prestito dal cinema. E così è possibile andare avanti e indietro nel tempo per rivedere virtualmente i fatti. Grazie al teatro virtuale, la squadra ha già testato il sistema su cold case e vicende complesse di omicidio.
La ricostruzione 3D di una scarpa del killer, su cui erano state trovate tracce di sangue, è diventata la prova schiacciante per la colpevolezza di Stefano Monti, poi arrestato per l’omicidio di Valeriano Poli, il buttafuori di una discoteca ucciso nel 1999 a Bologna.
L’immagine tridimensionale di uno sportello ha invece permesso di rivivere in digitale l’attentato nel 2016 all’ex presidente del parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci. Avvenuto in aperta campagna intorno alle due di notte, il ‘caso Antoci’ presentava difficoltà nel ricostruire sia il paesaggio che le condizioni di luce e l’intervento del teatro virtuale ha determinato la probabile posizione dell’attentatore. L’altezza di quest’ultimo poteva andare da un metro e cinquanta a uno e novanta, così come è stata validata anche la posizione degli uomini della scorta.
Ma tra gli scenari virtuali utili alle indagini, ci sono anche l’assassinio di Francesco Fiorillo a Vibo Valentia e altri cinque lavori già consegnati all’autorità giudiziaria, anche se ancora coperti da segreto istruttorio.
L’Italia è la prima in Europa ad usare la realtà virtuale in ambito forense: con questo sistema, durante il dibattimento i giudici potranno indossare lo speciale visore ‘Vr’ per rivivere la scena del delitto in maniera fluida ed in pochi minuti, senza tralasciare alcun elemento probatorio. Ora il giudizio passa alle aule di tribunale, dove sui banchi i caschetti della realtà aumentata aiuteranno a stabilire la verità. (Ansa)