I carabinieri della Compagnia di Crotone guidati dal capitano Claudio Martino hanno arrestato una persona e ne hanno denunciata un’altra per tentata estorsione e per usura.
In manette è finito Franco Pugliese, pregiudicato 59enne di Isola Capo Rizzuto, mentre è stato deferito in stato di libertà G.A., 47 anni, crotonese.
La storia è quella classica di un imprenditore che trovandosi a corto di liquidità per mandare avanti la sua azienda, si sarebbe rivolto ai due per avere soldi a tassi usurai. La vittima, è B.R., titolare di un’azienda di tecnologie.
L’uomo, si trovava sul lastrico dopo che gli affari non giravano bene. Soprattutto dopo che ha perso una commessa con Poste italiane che avrebbe potuto risollevare l’azienda ed evitare il licenziamento degli operai. Si rivolge alle banche, ma anche queste, dopo anni di collaborazione, gli girano le spalle.
B.R. si trova quindi costretto a fare un passo che mai avrebbe voluto fare. Conosceva i rischi una volta finiti nelle grinfie di presunti cravattari. E a farglielo compiere, secondo quanto riporta Il Crotonese citando passaggi dell’ordinanza di custodia cautelare, sarebbe stato un dipendente di una banca che gli avrebbe suggerito di rivolgersi a G.A. il quale avrebbe risolto i suoi problemi economici.
Una serie di incontri per ottenere somme di denaro. Il “patto” avere 50mila euro, doveva restituirne quasi 122.000. Dopo aver pagato le prime scadenze – scrive il quotidiano crotonese, B.R. non riesce più a far fronte al debito. Brutta storia. L’imprenditore è incastrato nelle maglie dei presunti usurai. G.A. nell’ottobre 2015 avrebbe infatti intimato a R. in modo perentorio a pagare le rate.
Ormai stanco e stretto in un angolo, l’imprenditore trova il coraggio di denunciare tutto ai carabinieri della Compagnia di Crotone che sul caso avviano indagini e nel frattempo informano la procura. Denunciato G.A.
Il pm Franco Carluccio, si legge sempre sul Crotonese, dispone l’intercettazione delle utenze telefoniche della vittima. Gli inquirenti scoprono che l’imprenditore era più indebitato del previsto. Non solo con G.A. ma anche con Franco Pugliese, l’arrestato dei giorni scorsi, già condannato per usura.
La vittima, accerteranno gli investigatori, aveva un debito non dichiarato in sede di denuncia, di 12.200 euro con Pugliese per un prestito di 10mila euro risalente a maggio 2015 .
I militari durante le indagini scoprono perché B.R. omise di parlare di quel prestito: perché era terrorizzato della reazione di Pugliese, che avrebbe una caratura “criminale” di spessore, visti i suoi precedenti. Pressioni, telefonate per avere indietro il denaro.
Gli uomini del capitano Martino seguono da vicino tutta la vicenda; ascoltano le telefonate e scoprono che l’imprenditore, intimorito da un giro più grande di lui, mente anche alla compagna che gli aveva suggerito di pagare i 10mila euro senza interessi a Pugliese. La storia va avanti per qualche mese fin quando la vittima trova il coraggio di parlare col capitano Martino che già dalle indagini svolte conosceva tutta la storia.
I militari informano così del “doppio cappio” la procura e l’imprenditore viene convocato dal pm per essere interrogato. Ammissioni e mezze verità, qualche comprensibile menzogna. La paura fa 90. R. pensa a ciò che gli potrebbe succedere se Pugliese fosse venuto a sapere della denuncia o dell’interrogatorio dai magistrati. Ma ormai il lavoro degli inquirenti procedeva “d’ufficio”.
Una indagine che ha acclarato la sussistenza di “gravi indizi di colpevolezza” per il reato di usura e il pericolo di reiterazione del reato. Tanto che il giudice per le indagini preliminari ha disposto la misura di custodia cautelare in carcere per Franco Pugliese che sarà presto interrogato dal pm. Per G.A., secondo il gip, nonostante la gravità delle condotte, mancano gli elementi per la carcerazione.