Riforme, Berlusconi al test dell'Aula: Diremo no

Carlomagno

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Paola Di Caro per il Corriere della Sera

Ribadisce il no alle riforme. Si appella, accoratamente, all’unità del centrodestra. Bacchetta quelli che nel suo partito peccano di «egoismo». Silvio Berlusconi torna sulla scena da leader che ha finito di scontare la sua pena e, in attesa del verdetto della Cassazione su Ruby previsto per domani, detta la linea a Forza Italia sui tre temi cardine che stanno caratterizzando il travagliato momento del centrodestra.

Lo fa collegandosi telefonicamente con Bari, dove viene presentato il candidato alla presidenza della Regione Schittulli in una convention che vede la plastica spaccatura che attraversa FI: ci sono Giovanni Toti e Maurizio Gasparri in rappresentanza del partito, la Poli Bortone, Quagliariello per Ncd mentre l’uomo forte della Puglia, Raffaele Fitto, parla da Palermo dove fa tappa il suo tour dei Ricostruttori.

Restano lontanissimi Berlusconi e Fitto. Il primo non cita nemmeno il suo sfidante, ma sembra alludere a lui quando chiede lo stop agli «egoismi e alle rendite di posizione». Il secondo, che a Bari ha organizzato per sabato prossimo una manifestazione pro Schittulli alla Fiera del Levante dove conta di portare molti più sostenitori di quelli radunati ieri, continua a lamentare nei suoi confronti azioni ostili, minacce, commissariamenti, espulsioni, un clima «da coprifuoco».

Il rischio che si finisca con le carte bollate resta alto, anche se Toti considera «fantascienza» l’ipotesi che possa essere inibito l’uso del simbolo a FI e a Berlusconi. Ma certo il clima è tesissimo: i fedelissimi dell’ex premier contano di escludere i fittiani dalle liste e sperano che l’ex governatore presenti una sua civica in Puglia, lui giura che non si presterà al gioco e accusa il leader che si rinchiude «nel bunker». A complicare la situazione, sono anche le divisioni interne al partito sulle riforme e quelle nel centrodestra sulle alleanze.

Sul primo punto, non c’è dubbio che in FI molti siano scettici sulla linea dura che Berlusconi ha ieri ribadito di voler sostenere: «Noi avevamo creduto fino in fondo al patto del Nazareno, accettando sulle riforme cambiamenti che non ci piacevano e che ci siamo resi conto servivano solo a rafforzare un’unica parte politica: il Pd ha l’arroganza e la prepotenza di chi si ritiene a torto moralmente superiore», e per questo «voteremo contro le riforme» e contro un Renzi che per Berlusconi ha violato i patti: quelli per cui sarebbe dovuta finire «la guerra civile» che divide da 20 anni il Paese.

Ma i verdiniani da una parte, i moderati azzurri dall’altra (da Romani a Gelmini) vedono con timore al solco che si sta allargando con Renzi, pur sapendo che in questa fase, con la Lega che pretende da FI scelte nette di opposizione per concedere un’alleanza, e con le regionali che impongono una linea non ambigua, Berlusconi non può che confermare il suo no alle riforme. Dopo, si vedrà.

Ma nonostante tutto, sulle alleanze l’accordo non c’è. «Non abbiamo ancora trovato un’intesa», conferma Altero Matteoli. Perché fino a quando Tosi non scenderà in campo e l’Ncd non farà la scelta di appoggiarlo, lasciando libera FI di sostenere Zaia, il quadro non potrà definirsi. E perché restano problemi con la stessa Lega, che presenta ovunque – dalla Liguria alla Toscana alle Marche – propri candidati senza consultarsi con i potenziali alleati, e provocando grossi mugugni fra gli azzurri.

Nelle Marche FI e Ncd sostengono Spacca, in Campania le pressioni di Renzi su Alfano per sostenere De Luca rendono non scontato il patto tra azzurri e centristi, che infatti ancora non è stato messo nero su bianco. Non a caso Schifani, capogruppo ncd, fa sapere che oggi «il centrodestra, con questa Lega lepenista, non può tornare insieme». Rischia dunque di cadere nel vuoto l’appello di Berlusconi ad evitare «i narcisismi, le corse solitarie» che condannerebbero i moderati alla «irrilevanza».