Un cosentino di 70 anni, Vito Francesco Genovese, è stato arrestato da Polizia e Guardia di finanza a Roma, insieme ad altre cinque persone accusate a vario titolo di intestazione fittizia di beni, riciclaggio e autoriciclaggio di denaro di provenienza illecita. Il provvedimento è stato emesso dal gip di piazzale Clodio su richiesta della Dda presso la procura di Roma.
Secondo l’accusa, Genovese, nato a Spezzano Albanese (Cs) nel 1947, sarebbe stato il titolare “fittizio” di alcune società – tra cui il noto ristorante “Assunta Madre” (sequestrato) nella capitale – riconducibili a Gianni Micalusi, detto “Johnny”, che con la complicità del calabrese e di altri soggetti avrebbe messo su un giro di società tese a non figurare direttamente nella gestione e a occultare proventi ritenuti illeciti.
A Genovese, finito ai domiciliari, è stato sequestrato anche il conto corrente acceso presso la filiale romana della Banca del Fucino, il cui direttore Adriano Nicolini è finito in carcere per essersi prestato alla volontà di Gianni Micalusi.
Le indagini, spiegano gli inquirenti, hanno permesso di accertare come Micalusi, grazie alla collaborazione dei propri figli, utilizzati quali “teste di legno”, nonchè da professionisti che hanno garantito l’apporto tecnico necessario per realizzare un’articolata rete societaria, sia riuscito formalmente a non apparire quale titolare delle attività, sottraendo, in questo modo, parte delle proprie disponibilità economiche all’applicazione di provvedimenti di sequestro.
In particolare proprio il timore di ulteriori provvedimenti ablativi di prevenzione, ha indotto il Micalusi a creare innumerevoli società occultando la propria persona dietro una rigorosa intestazione fittizia delle quote sociali, di denaro e di beni immobili, in favore di familiari e di terzi di fiducia, quali i figli Francesco e Lorenzo Micalusi, l’imprenditore Vito Francesco Genovese, pur essendo lui l’effettivo titolare e nel contempo ricoprendo di fatto la carica di amministratore della persone giuridiche a lui riconducibili, avvalendosi del contributo causale del commercialista Luciano Bozzi, il quale partecipava alla pianificazione delle operazioni societarie nonché alla loro esecuzione.
Anche la figura di Adriano Nicolini, direttore di una filiale romana della Banca del Fucino, ha assunto un rilievo investigativo e probatorio, con specifico riguardo alla propensione del suddetto a dissimulare la reale natura delle operazioni bancarie poste in essere per conto e nell’interesse di Gianni Micalusi, ricorrendo anche alla formazione di documentazione contabile fatta predisporre ad hoc e prelevando addirittura direttamente il contante, recandosi personalmente presso gli uffici del Micalusi, accordando poi modalità operative in palese contrasto con la specifica normativa di settore, e garantendo in tal modo la non tracciabilità dell’operazione.