Usura e tentata estorsione, in carcere un ‘cravattaro’ del Catanzarese

Carlomagno

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I Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Sellia Marina (Catanzaro), nei giorni scorsi hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare della custodia in carcere, emessa dal Giudice presso il Tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di un soggetto di Sellia Marina, sulla base della ritenuta sussistenza di gravi indizi in ordine ai delitti di usura aggravata in concorso e tentata estorsione in concorso, entrambi aggravati dal metodo mafioso.

Il provvedimento, scaturisce dalle indagini, svolte dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Sellia Marina, mediante l’analisi di tabulati telefonici, la captazione di intercettazioni telefoniche ed ambientali e la ricerca dei relativi riscontri, che hanno consentito di ricostruire, in termini gravemente indiziari, l’ipotizzata condotta usuraia per due rapporti creditizi concessi alle vittime con tassi d’interesse applicati del 300% su base annua, il tutto aggravato dall’aver posto in essere le condotte avvalendosi della forza intimidatrice derivante dall’asserito vincolo associativo a famiglie appartenenti alla criminalità organizzata.

Gli esiti degli approfondimenti investigativi, accolti nella ordinanza cautelare, hanno consentito di ricostruire la vicenda (nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa), nel senso che, due coniugi erano soggetti ad usura dal novembre 2021, momento in cui, versando in difficoltà economiche, erano stati costretti a ricorrere a canali di credito abusivi, stante l’impossibilità di ottenere prestiti regolari dagli istituti bancari.

Da quel momento, a fronte di un primo prestito di 1000 euro, i coniugi avevano dovuto pagare 250 euro mensili a titolo di soli interessi, oltre al pagamento della somma prestata, per un totale di 3250 euro restituiti. Nel settembre 2022 le vittime erano ricorse ad un secondo prestito di 4000 euro, che prevedeva invece il pagamento di una rata mensile pari a 1200 euro ed il pagamento di 100 euro per ogni giorno di ritardo.

Quando la coppia non era più riuscita ad onorare le rate pattuite, erano iniziate le pressioni e le condotte minatorie da parte dell’indagato, che, per dare maggiore forza alle proprie minacce, aveva più volte rappresentato alle vittime che il denaro apparteneva a membri di una delle cosche di ‘ndrangheta radicata nel territorio di Cutro, paventando il pericolo di vita, se non avessero ricevuto il pagamento del debito. Il 3 gennaio 2023, le minacce sono degenerate in una violenta aggressione fisica da parte dell’indagati nei confronti degli usurati.