Omicidio Marincolo, col delitto i clan cosentini raggiunsero la “pax mafiosa”

Secondo la Dda l'esecutore materiale del delitto fu Michele Bruni, mentre Lamanna guidava la moto. Contestato anche il tentato omicidio di Adriano Moretti

Carlomagno

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auto omicidio Marincolo
Gli investigatori vicino all’auto dove venne ucciso Francesco Marincolo, nel riquadro (foto gazzettadelsud.it)

Ieri mattina gli uomini della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro hanno eseguito 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip del capoluogo, su richiesta della locale Dda, nei confronti di Giovanni Abruzzese (classe 1959), Carlo Lamanna (classe 1967), Mario Attanasio (classe 1972) e Umile Miceli (classe 1966), tutti stabilmente inseriti nella criminalità mafiosa cosentina.

I 4 destinatari del provvedimento restrittivo, sono accusati, a vario titolo, dell’omicidio di Francesco Marincolo, ritenuto il killer del gruppo Ruà-Lanzino, avvenuto il 28 luglio 2004 a Cosenza, e del contestuale tentato omicidio di Adriano Moretti, ultimo atto della sanguinosa guerra di mafia combattuta nel capoluogo bruzio tra il 1999 ed il 2000, fra i contrapposti clan confederato Lanzino-Cicero ed il gruppo dei Bruni, alias “Bella bella”.

Con tale omicidio i gruppi criminali cosentini raggiunsero una pax mafiosa che prevedeva un patto di non belligeranza e la spartizione equa, tra i gruppi, dei proventi delle varie attività illecite.

LA RICOSTRUZIONE DELLA DDA
Le ricostruzioni investigative, corroborate dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che nel tempo ne hanno riferito, hanno consentito di accertare che ad esplodere i colpi mortali nei confronti di Marincolo, al momento dell’agguato a bordo della propria auto, sarebbe stato lo stesso Michele Bruni, dopo aver affiancato l’auto della vittima, a bordo di una moto, guidata da Carlo Lamanna e risultata poi rubata alcuni giorni prima sul lungomare di Paola.

Sull’auto di Marincolo, al momento dell’omicidio, si trovava, per caso, anche Adriano Moretti, che venne ferito da alcuni colpi di arma da fuoco, ma che dalle indagini risultò non essere obiettivo dei killer, anche se cognato del noto boss Gianfranco Ruà.

Gli arrestati dalla Dia

Le complesse indagini condotte dalla Sezione Dia di Catanzaro, sotto la direzione della Procura disterettuale, avrebbero consentito, in relazione all’omicidio Marincolo, di individuare i presunti mandanti, gli esecutori ed i fiancheggiatori del fatto di sangue consumatosi nel luglio del 2004, in via Lanzino a Cosenza, riconducendone il movente, oltre che nella volontà di affermare la supremazia criminale della cosca di appartenenza, nella vendetta attuata da Michele Bruni contro i clan avversi (con Marincolo che, in quel preciso momento storico, era l’unico elemento di spicco non detenuto) da egli ritenuti responsabili, tra gli altri, dell’omicidio del padre Francesco, avvenuto nel luglio 1999, e dell’omicidio di Antonio Sena, avvenuto nel maggio del 2000.

Francesco Marincolo
La vittima, Francesco Marincolo

L’attività investigativa, che ha trovato riscontri dalle dichiarazioni dei primi collaboratori di giustizia, consentiva di individuare gli esecutori dell’omicidio di Marincolo e, successivamente, per mezzo di ulteriori attività d’indagine supportate dalle dichiarazioni di altri e più recenti collaboratori di giustizia, si completava con ulteriori e significativi elementi di responsabilità, evidenziati a carico degli indagati, in ordine al citato omicidio, e confluiti nel provvedimento restrittivo.

Sui ruoli di ciascun destinatario della misura cautelare eseguita ieri mattina dalla Dia, le risultanze delle indagini e le dichiarazioni dei pentiti, individuavano il defunto Michele Bruni, insieme a Carlo Lamanna, quali esecutori materiali dell’omicidio, Giovanni Abruzzese quale partecipe alla fase deliberativa dell’omicidio, in ragione dell’alleanza, al tempo, fra il clan Bruni “Bella bella” e quello degli “Zingari”, Umile Miceli con il compito di studiare le abitudini della vittima e con funzioni di palo o “specchietto” e Mario Attanasio con funzioni di appoggio logistico sia nelle fasi precedenti che in quelle successive all’agguato mortale.

L’operazione della Dia si colloca in una più ampia strategia investigativa di questa Direzione Distrettuale Antimafia, avviata da tempo, per far luce su una serie di omicidi verificatisi su Cosenza, che ha consentito, con le varie operazioni convenzionalmente denominate Terminator (1-2-3-4), di ricostruire numerosi fatti di sangue, riconducibili all’allora gruppo confederato Cicero-Lanzino, a distanza di anni dai fatti, con la valorizzazione delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, preliminarmente e minuziosamente riscontrate con le risultanze di attività investigative condotte.