Pentito: “Maria Chindamo uccisa e data in pasto ai maiali”

Secondo il collaboratore di giustizia Antonio Cossidente la donna sarebbe stata uccisa per punizione perché si sarebbe rifiutata di cedere un terreno a Salvatore Ascone, indagato per l'omicidio dell'imprenditrice.

Carlomagno

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Nuove rivelazioni sull’omicidio di Maria Chindamo, l’imprenditrice di Laureana di Borrello misteriosamente scomparsa nel 2016 a Limbadi, nel vibonese. Secondo il collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, potentino ex componente del clan dei Basilischi, ascoltato dai magistrati della Dda di Catanzaro, la donna sarebbe stata uccisa ed il suo corpo dato in pasto ai maiali o macinato con un trattore.

Maria Chindamo, secondo quanto ha riferito Cossidente, sarebbe stata uccisa per punizione perché si sarebbe rifiutata di cedere un terreno a Salvatore Ascone, il sospettato numero uno, già arrestato per concorso in omicidio dell’imprenditrice e poi scarcerato dal riesame.

Antonio Cossidente, che ha condiviso la detenzione con Emanuele Mancuso (ora pentito), figlio di Pantaleone, boss della cosca di Limbadi, avrebbe appreso da quest’ultimo che Maria Chindamo sarebbe stata uccisa e fatta a pezzi.

L’imprenditrice è scomparsa il 6 maggio 2016 dinanzi alla sua tenuta agricola di Limbadi. Secondo le indagini la donna fu prelevata con la forza dalla sua auto e portata in un luogo dove è stata poi uccisa e fatta sparire.

I verbali
“Emanuele Mancuso – scrive il Vibonese, riportando stralci dei verbali delle dichiarazioni di Cossidente – mi disse che era scomparsa una donna a Limbadi: un’imprenditrice di Laureana di Borrello, la Chindamo. Mi disse che lui era amico di un grosso trafficante di cocaina, detto Pinnolaro, legato alla famiglia Mancuso da vincoli storici e mi disse che per la scomparsa della donna, avvenuta qualche anno fa, c’era di mezzo questo Pinnolaro che voleva acquistare i terreni della donna in quanto erano confinanti con le terre di sua proprietà. Pinnolaro – continua il collaboratore Cossidente – aveva pure degli animali, credo che facesse il pastore e questa donna si era rifiutata di cedere le proprietà a questa persona”. Pinnolaro è il soprannome di Salvatore Ascone, il 53enne di Limbadi arrestato nel luglio 2019 con l’accusa (mossa dalla Procura di Vibo) di concorso nell’omicidio di Maria Chindamo ma scarcerato dal Tribunale del Riesame di Catanzaro. In particolare, Salvatore Ascone era accusato di aver manomesso le telecamere di videosorveglianza della sua abitazione per evitare che riprendessero l’aggressione e il sequestro di Maria Chindamo, avvenuti proprio di fronte la sua proprietà sita in contrada Carini di località Montalto di Limbadi. Per il Riesame, però, non vi sarebbero elementi certi capaci di provare l’avvenuta manomissione delle telecamere.

“Emanuele Mancuso – continua Cossidente – mi disse anche che in virtù di questo rifiuto della Chindamo a cedere le proprietà, Pinnolaro l’ha fatta scomparire, ben sapendo che, se le fosse successo qualcosa la responsabilità sarebbe ricaduta sulla famiglia del marito della donna, poiché il marito o l’ex marito dopo che si erano lasciati si era suicidato. Quindi questo Pinnolaro – spiega Cossidente riportando le confidenze ricevute da Emanuele Mancuso – sapendo delle vicende familiari della donna, sarebbe stato lui l’artefice della vicenda per entrare in possesso dei terreni e poi far ricadere la responsabilità sulla famiglia del marito in modo da entrare in possesso di quei terreni”. Agghiacciante il finale del racconto di Antonio Cossidente che svela le confidenze di Emanuele Mancuso: “Emanuele mi disse che la donna venne fatta macinare con un trattore o data in pasto ai maiali”.

Tale verbale di Antonio Cossidente porta la data del 7 febbraio 2020 e coincide con altro verbale rilasciato da Emanuele Mancuso il 18 giugno 2018 e sinora conosciuto solo in parte: “Ascone aveva interesse ad acquisire i terreni di proprietà dei vicini e, per timori circa possibili misure di prevenzione nei suoi confronti, era solito pagarli prima in contanti, per evitare la tracciabilità dei pagamenti, lasciarli formalmente intestati agli originari proprietari, per acquisirli successivamente attraverso l’usucapione. Per quanto a mia conoscenza – ha dichiarato Emanuele Mancuso – i proprietari dei terreni erano consenzienti. Ascone portava le pecore dove voleva lui e so che per questa ragione ha anche litigato con la figlia di mia zia Rosaria Mancuso, ossia mia cugina Rosa”.