Quando Laurendi voleva aggiustare un processo corrompendo la Corte di Appello di Reggio

Colloqui tra i sodali della cosca Alvaro per corrompere un giudice che doveva esprimersi su un processo di mafia. Antonino Creazzo si era rivolto a un amico funzionario giudiziario. Per la Dda è la "controprestazione" per fare eleggere il fratello al consiglio regionale

Carlomagno

Magistrati da avvicinare e corrompere per aggiustare processi ed emettere sentenze favorevoli. Non siamo nel distretto giudiziario di Catanzaro, dove faccendieri, avvocati, politici e appartenenti alla ‘ndrangheta si rivolgevano al giudice Marco Petrini, presidente di sezione della locale Conte di Appello, per corromperlo con soldi, regalie e prestazioni sessuali al fine di modificare processi, molti dei quali poi in effetti “aggiustati”, per come emerge dall’inchiesta Genesi della Dda del capoluogo di regione.

Anche a Reggio Calabria il presunto mafioso Domenico Laurendi, ritenuto organico alla cosca Alvaro di Sinopoli, aveva in mente di avvicinare il collegio giudicante della Corte di Appello reggina per corromperlo e uscire pulito dal processo Xenopolis (operazione della Dda degli anni scorsi sempre contro la cosca Alvaro, ndr). Laurendi venne assolto in primo grado, ma la Direzione distrettuale antimafia fece ricorso in Appello.

Domenico Laurendi aveva accolto l’assoluzione di primo grado con grande gioia, ma non si fidava del ricorso della Dda ed era molto preoccupato di un possibile ribaltamento in Appello.

Per questo, si legge nell’ordinanza, lui, Laurendi, raccontava della sua intenzione di corrompere un componente del collegio giudicante per avere un esito favorevole anche in secondo grado.

In un dialogo captato ad aprile 2019 tra i sodali degli Alvaro, ossia Natale Lupoi e lo stesso Laurendi, si parlava del sostegno elettorale a Domenico Creazzo ma anche di altre cose afferenti la situazione giudiziaria del secondo. In sostanza Laurendi esprimeva la necessità di incontrare “un amico” che doveva favorire il contatto con un Giudice della corte reggina.

LAURENDI Domenico: “L’avvocato ha detto che vogliono “mi ‘nda solettanu” (dice intendendo che nell’Appello del processo Xenopolis i Giudici lo vogliono condannare)

LUPOI Natale: “Vedi quello che devi combinare, perché…”.

LAURENDI Domenico: “Mannaia la colonna, lasciami stare che ieri mi hanno fatto preoccupare…”

LUPOI Natale: “Ma perché, senza…”

LAURENDI Domenico: “Questi domani fanno l’udienza, inoltre siamo capitati in un cazzo di collegio di merda, ed io, io mi sono trovato davanti a quella segretaria ieri mattina, poi capisci, loro discutono, dove potevo arrivare là, nessuno mi ha detto niente… devo andare pomeriggio solo, per un altro… un amico mio che mi aveva detto che uno di questi lo conosce, del collegio, però di andare a parlare e vedere, e questi dicono: “ce la lottiamo”, mannaggia la puttana lorda, ma se è vero là…o ti fanno pure il mandato di cattura”.

Secondo i magistrati già da queste prime battute si comprendeva la volontà di Laurendi di tentare di modificare in suo favore un esito giudiziario nonché l’esistenza di un soggetto che poteva fungere da “trait d’union” tra lo ndranghetista ed il componente del collegio giudicante.

L'”amico” cui Laurendi si era rivolto per avvicinare e corrompere un componente del Collegio Giudicante della Corte di Appello e tentare di incidere sul verdetto processuale emergeva solo il giorno dopo, il 3 aprile 2019, quando il Laurendi incontrava nuovamente Antonino Creazzo, fratello di Domenico, Sindaco di Santa Eufemia d’Aspromonte.

Antonino Creazzo rassicurava Laurendi sul fatto che si era rivolto ad un “funzionario giudiziario” per creare il contatto col giudice, rappresentando che questi “era il cugino di Zappalà” (in riferimento a Santi Zappalà, l’ex consigliere regionale e sindaco di Bagnara arrestato nel 2015 nell’ambito di un’altra inchiesta della Dda, ndr) ma esprimeva perplessità circa la possibilità di un effettivo ausilio perché questa persona stava per essere trasferita di sede.

Antonino Creazzo – evidenziando che rimaneva in attesa di una risposta da parte del funzionario – riferiva però di disporre di un altro contatto, attraverso cui arrivare ad avvicinare un giudice.

Domenico Laurendi gli diceva di attendere la risposta del contatto precisando che anche lui si era però mosso attraverso altro canale che però non esplicitava per risolvere la vicenda.

Sarebbe stata questa, secondo l’accusa, la “contro -prestazione” che Antonino Creazzo doveva “garantire” al Laurendi Domenico, ovvero l’aggiustamento del suo processo pendente in secondo grado, per il sostegno elettorale a Domenico Creazzo.

3./Continua