Sanità, Guccione: “Immobili Asp possono passare agli amici degli amici”

Dossier choc del consigliere regionale che denuncia alla Corte dei conti "omissioni, carenze e distrazioni patrimoniali". L'accusa ai dg di Asp e Ao degli ultimi anni

Carlomagno
Carlo Guccione

“Ci sono centinaia di beni mobili e immobili, di proprietà pubblica e dal valore che supera un miliardo e 300 milioni di euro, che rischiano di passare in mano ai privati per negligenza e omissioni da parte dei direttori generali del sistema sanitario che si sono succeduti in questi anni”. A lanciare l’allarme è il consigliere regionale Carlo Guccione, che ha inviato alla Corte dei Conti un dossier sullo stato del patrimonio immobiliare delle Aziende Sanitarie Provinciali e Aziende Ospedaliere della Regione Calabria. Scarica il dossier.

Il documento, di trenta pagine, con i relativi allegati, è il risultato dell’ispezione amministrativa sugli atti ricevuti dal dipartimento competente della Regione Calabria ed è stato trasmesso anche al ministro della Salute, alla Ragioneria generale dello Stato e alla Regione Calabria. Al centro degli accertamenti beni disponibili e indisponibili per circa due miliardi di euro. Non solo: “Un paradosso è che le aziende ospedaliere e sanitarie incassano un milione di fitti attivi e ne spendono sei per fitti passivi – aggiunge Guccione -. Emerge un quadro preoccupante nella gestione delle proprietà delle Asp e AO non utilizzate ai fini sanitari, che rischiano di diventare da bene pubblico a bene privato”.

Casi eclatanti sono già avvenuti, come certificano due sentenze emesse dal tribunale di Palmi nel 2014 e nel 2016 che hanno sancito il passaggio delle proprietà (per un totale di 73.440 metri quadri, dal valore di bilancio complessivo omesso) dalla Asp di Reggio Calabria per usucapione. In particolare, si legge nella sentenza n.1/2016: “Giova peraltro osservare che dopo la sua costituzione in giudizio l’Asp di Reggio Calabria non ha svolto più alcuna attività difensiva a sostegno della tesi sostenuta in comparsa sicché, in assenza di adeguate allegazioni difensive e di idonei mezzi di prova diretti a smentire quanto sostenuto dagli attori, la domanda proposta da questi ultimi va senz’altro accolta.”

Restano, inoltre, 14 cause pendenti relative a 12 terreni (per 465.082 metri quadrati, valore di bilancio complessivo di 3.829.145,58 euro) e 2 fabbricati di complessivi 174 metri quadrati (valore di bilancio complessivo di oltre 23mila euro, non precisato invece il valore commerciale).

Prosegue Guccione: “Dai documenti ufficiali vagliati si nota che il valore commerciale di molti immobili concessi in locazione è stato omesso. In particolare, numerosi contratti di locazione dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza risultano scaduti negli anni Novanta, mentre alcuni fabbricati concessi in locazione a zero euro dall’Azienda Sanitaria di Catanzaro hanno un valore di 4.866.941,42 euro. Nell’Azienda Ospedaliera, una proprietà, di 1.857.034 metri quadrati, ha un canone fisso di 3500 euro, un’altra di 32.800 metri quadrati è invece fittata per 96,81 euro e il dirigente competete ha dichiarato: “Manca contratto”. Stessa risposta per un altro bene, di 204.310 metri quadrati, ceduto per canone di fisso 388 euro.

Nell’Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, alcuni terreni e fabbricati hanno contratti di locazione stipulati nel 1957, nel 1958, nel 1988 e addirittura nel 1933. “Contratti per canoni irrisori, non pagati. E i contratti non sono stati rinnovati con il rischio che possa essere esercitato, anche in questi casi, il diritto di usucapione”, aggiunge il consigliere. Ancora: nell’Azienda Sanitaria di Vibo Valentia tutti i contratti di locazione tranne uno risultano scaduti. Il caso più eclatante è il fitto di un fabbricato di 75 metri quadrati il cui canone di fitto annuo è di 49,60 euro all’anno. E il dirigente preposto ha scritto: contratto “stipulato oralmente”.

“Occorre avviare subito una task force – conclude il consigliere Guccione – composta da Regione e Guardia di Finanza, che avvii le procedure necessarie a impedire che un patrimonio di tutti i cittadini calabresi possa finire, attraverso l’usucapione e con contratti di comodo o addirittura orali, nella disponibilità dei privati, dei soliti furbi e amici degli amici”.