Alla fine si è consegnato ai carabinieri l’autore di una “irruzione” nell’Ufficio postale di Pieve Modolena, frazione di Reggio Emilia, dove Francesco Amato – condannato nel processo di ‘Ndrangheta Aemilia – si era barricato stamani con cinque ostaggi.
“Ha aperto la porta lui, ha fatto uscire gli ostaggi e si è consegnato”, ha detto il comandante provinciale dei carabinieri di Reggio Emilia, colonnello Cristiano Desideri, che ha ricostruito la resa. Cosa lo ha convinto? “Il tempo, la pazienza e il dialogo coi negoziatori, che gli hanno fatto capire che non avrebbe potuto ottenere quello che chiedeva”.
Una cassiera dell’ufficio era stata liberata perché ha avuto un malore, poi Amato, dopo ore di trattative coi militari negoziatori, si è convinto a liberare le altre quattro donne, impiegate dell’ufficio postale, e si è arreso. Gli ostaggi, a parte lo choc, stanno bene. L’uomo era armato di un coltello, ma secondo testimonianze ha minacciato ma non ha ferito o maltrattato nessun ostaggio.
“Siamo chiusi dentro. Il signor Amato vuole parlare con Salvini. Lo vedo. Sono all’interno, il signor Amato sta parlando: vuole Salvini. Parla con i Carabinieri, con noi. Ha un coltello in mano. Io lavoro qui; siamo in quattro. Il signore è qui da parecchie ore. Ha detto che se apriamo la porta qualcuno fa una brutta fine e quindi siamo trincerati dentro”, aveva detto uno degli ostaggi, un’impiegata dell’ufficio postale, intervistata da Marco Sabene del Giornale Radio Rai.
Amato è stato condannato a 19 anni e nei suoi confronti pendeva un ordine di carcerazione a cui si era sottratto. La parte della via Emilia dove si trova la filiale delle Poste è stata evacuata, e sono stati creati due punti di sbarramento ai lati. Amato è originario di Rosarno, in provincia di Reggio Calabria.
Fu arrestato, nell’ambito dell’operazione “Aemilia”, il 28 gennaio del 2015 e rinviato a giudizio il 21 dicembre dello stesso anno. Alla fine del processo, il 31 ottobre scorso, è arrivata per lui la condanna a 19 anni ed un mese di reclusione con l’accusa di essere stato uno degli organizzatori dell’attività delle cosche di ‘ndrangheta in Emilia-Romagna.