Vaccino Covid, il Tar Calabria boccia la Santelli: “No alla vaccinazione obbligatoria”

Il tribunale amministrativo annulla l'ordinanza con cui la governatrice aveva imposto la vaccinazione obbligatoria per gli ultra 65enni e per i sanitari. A bocca asciutta i colossi farmaceutici che speravano nel business.

Carlomagno

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Jole Santelli

Brutte notizie per la governatrice della Calabria Jole Santelli e per i colossi farmaceutici che sperano nel business dei vaccini in seguito all’emergenza Covid. Il Tar della Calabria ha annullato l’atto con cui lo scorso maggio la governatrice di Forza Italia, attraverso una sua ordinanza, aveva imposto la vaccinazione obbligatoria anti influenzale per tutti coloro che avessero compiuto 65 anni di età, estesa anche a tutti i medici e personale sanitario della regione. Il ricorso era stato presentato dall’AMPAS, l’associazione di medicina per una alimentazione di segnale guidata da Luca Speciani, che ottiene così una vittoria clamorosa, che stempera anche il clima di terrore che c’è nel paese.

Si legge nella parte dell’accoglimento della sentenza del Tar: “Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie per quanto di ragione e, per l’effetto, annulla l’ordinanza del Presidente della Regione Calabria del 27 maggio 2020, n. 47, nella parte in cui è stato disposto l’obbligo di vaccinazione antinfluenzale per le seguenti categorie di persone: “a) Soggetti di età ≥ 65 anni: l’obbligo decorre dal 15 settembre 2020, o dalla data di compimento dei 65 anni, se successiva, previa acquisizione della disponibilità dei vaccini. b) Medici e personale sanitario, sociosanitario di assistenza, operatori di servizio delle strutture di assistenza, anche se volontario”.

I ricorrenti di AMPAS chiedevano in sostanza la nullità di 4 elementi dell’ordinanza Santelli. Quì la sentenza

I) Il provvedimento si porrebbe in contrasto con l’art. 32, comma 2 Cost, che vieta l’introduzione di trattamenti sanitari obbligatori attraverso un provvedimento amministrativo e violerebbe altresì il riparto di competenze tra Stato e Regioni, giacché l’obbligo vaccinale potrebbe essere introdotto solo dallo Stato. Il provvedimento sarebbe pertanto nullo per difetto assoluto di attribuzione.

II) Il Presidente della Regione Calabria avrebbe emanato il provvedimento in assenza dei presupposti richiesti sia dall’art. 32, comma 3 l. 23 dicembre 1978, n. 833, sia dall’art. 50 d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267. Innanzitutto, essendo il provvedimento volto a contrastare l’epidemia di Covid-19, di carattere pandemico, la competenza non potrebbe che spettare al livello centrale
di governo. In secondo luogo, imponendo il provvedimento l’obbligo di vaccinazione a partire dal mese di settembre 2020, mancherebbe il requisito di indifferibilità necessario
per un provvedimento contingente.

III) Ancora, vi sarebbe un difetto di competenza ai sensi della normativa emergenziale in materia di contrasto al COVID-19, e in particolare all’art. 3 d.l. 25 marzo 2020, n. 19, conv. con mod. con l. 22 maggio 2020, n. 35, che attribuisce alle Regioni il potere di assumere provvedimenti più restrittivi solo in caso di aggravamento del rischio epidemiologico e nelle more dell’intervento statale.

IV) Infine, vi sarebbe un evidente difetto di istruttoria, non essendo sufficientemente verificata l’efficacia della vaccinazione antinfluenzale in ottica di lotta all’epidemia di COVID-19.

Nell’ordinanza Santelli si prevedeva che l’obbligo vaccinale per le categorie citate decorreva dal 15 settembre 2020, previa acquisizione della disponibilità dei vaccini, e deve essere assolto entro il 31 gennaio 2021, salvo proroghe dettate dai provvedimenti di attuazione in relazione alla curva epidemica.

La mancata vaccinazione da parte dei medici e del personale sanitario comporta, se non sia giustificabile da ragioni di tipo medico, l’adozione degli opportuni provvedimenti connessi allo svolgimento della mansione lavorativa, ai sensi dell’art. 41, comma 6 del d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Cioè, era il medico che certificava o meno l’idoneità al lavoro.