Omicidio Mazza, fermato Alessandro Ciancio. Rosario ucciso dopo una lite

Carlomagno

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Alessandro Ciancio fermato per omicidio di Rosario MazzaE’ stato individuato e sottoposto a fermo il presunto autore dell’omicidio di Rosario Mazza, di 22 anni, e del tentato omicidio del fratello 18enne, Simone, avvenuto nella serata di venerdì ad Acquaro (Vibo Valentia).

Si tratta di Alessandro Ciancio, operaio di 23 anni, anche lui di Acquaro, già noto alle forze dell’ordine per piccoli fatti. Il giovane – ormai braccato dai Carabinieri che avevano raccolto elementi indiziari nei suoi confronti – si è costituito in caserma a distanza di circa dodici ore dal delitto.

Il fermo è stato eseguito a conclusione delle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Vibo diretta dal Dottor Sirgiovanni e condotte dai carabinieri della Compagnia di Serra San Bruno, insieme a quelli del Reparto operativo di Vibo Valentia e della Stazione di Arena.

L’omicidio è avvenuto nelle vicinanze di un bar, alla periferia del paese. Contro i due fratelli, anche loro già noti alle forze dell’ordine per fatti di poco conto, sono stati sparati 6 colpi di pistola calibro 6.35: tutto il caricatore della piccola pistola.

LA RICOSTRUZIONE  – Rosario Mazza ferito a morte ha tentato di scampare fuggendo dall’auto ma è crollato senza vita qualche decina di metri dal punto dell’agguato. Il 22enne è stato colpito da un solo proiettile al fianco, mentre Simone è stato ferito da tre proiettili (uno al torace, uno al ventre, l’altro alla gamba) ed è ricoverato in prognosi riservata nell’ospedale di Vibo Valentia. Il giovane lotta tra la vita e la morte.

Il movente – sebbene sia ancora al vaglio degli inquirenti – potrebbe essere riconducibile al violento litigio avuto tra i tre in un locale che si trova a poca distanza dal luogo dell’omicidio. Gli investigatori escludono che all’origine dell’imboscata mortale vi una matrice mafiosa. Tra i Mazza e Ciancio ci sono sempre stati dissidi. In paese circolano “strane storie” che gli investigatori stanno cercando di verificare.

Rosario Mazza
La vittima Rosario Mazza (Fb)

Secondo quanto emerso dalle indagini, i tre si sono incontrati in un bar di Acquaro attorno alle 20. Hanno iniziato a discutere animatamente non è ben chiaro per che cosa. Forse per quelle “strane storie”, chissà. La discussione è degenerata e sono volati insulti e paroloni prima di passare per le vie brevi.

I tre si sono separati con la promessa di rivedersi dopo per regolare i conti di ceffoni e spintoni. E vanno via per avere l’incontro fatale un po’ più tardi. I due fratelli entrano nella Fiat Punto nera e si allontanano.

Secondo la ricostruzione, a distanza di poco Alessandro Ciancio, pare a piedi, li avrebbe raggiunti bloccandoli. “Adesso me la pagate, vi ammazzo!”, avrebbe detto.

Nemmeno il tempo per i Mazza di rendersi conto e comprendere le parole del presunto killer che si vedono scaricare addosso tutte le cartucce contenute nel serbatoio della 6.35.

Due proiettili vanno a vuoto, 4 si conficcano nei corpi di Rosario e Simone. La vittima, colpito di fianco all’altezza delle costole, tenta una fuga disperata ma dopo alcuni metri cade sull’asfalto e muore, mentre Simone, che pure accenna la fuga, si salva solo perché il colpi erano finiti. Il presunto assassino si dilegua.

Sul posto arrivano i soccorsi e i militari che effettuano i rilievi. I carabinieri della Compagnia di Serra San Bruno iniziano ad acquisire testimonianze e a fare altre attività investigative. I primi riscontri sembrano combaciare coi loro primi sospetti. E tutti gli indizi raccolti portano in una direzione: ad Alessandro Ciancio.

Gli uomini dell’Arma lo cercano per sottoporlo al test dello stub, ma non si trova, neanche a casa dove la Benemerita effettua una perquisizione in cerca di elementi utili alle indagini, come l’arma del delitto che finora non è stata trovata.

Una pistola di piccolo calibro, la 6.35, con un caricatore da sei colpi e una canna lunga quanto un accendino. Una “scacciacani”, si può definire, che però se usata da distanza ravvicinata è capace di uccidere, come in questo caso. Quella mostrata in conferenza stampa (foto sopra) è un’arma simile.

Dagli accertamenti sui bossoli rinvenuti (proprio perché di un’arma non utilizzata negli agguati di ‘ndrangheta) si tende a escludere la pista mafiosa, nonostante circoli voce di una lontana parentela che legherebbe Ciancio alla famiglia mafiosa dei Maiolo, egemone ad Acquaro e nelle Preserre vibonesi. Altro elemento che fa ritenere estranei i clan è che Alessandro Ciancio e Rosario Mazza lavoravano. Il primo è un operaio, la vittima faceva il cuoco.

Nelle ore successive al delitto Ciancio è avvolto da mille pensieri. Sente forte il fiato dei carabinieri sul collo e questo alimenta la sua confusione. Ma poi inizia a ragionare e si convince che la cosa migliore da fare era di contattare un legale.

Sarebbe stato quest’ultimo a convincerlo di costituirsi. Solo in questo modo potrebbe avere infatti uno sconto di pena per quella rabbia sfogata a colpi di pistola sui “rivali” di sempre.