Aveva le mani in pasta un po’ dappertutto, il clan di Cirò Farao-Marincola sgominato stamane dai Carabinieri del Ros su mandato del Gip e della Dda di Catanzaroin Italia e in Germania. Interessi che andavano dai rifiuti, ai market, al business dei migranti alimentato da imprenditori compiacenti. I proventi delle attività illecite venivano poi reimpiegati in attività apparentemente legali in Italia e all’estero.
La cosca aveva infiltrato il tessuto economico e sociale dell’area cirotana mediante un radicale controllo mafioso degli apparati imprenditoriali, operanti soprattutto nei settori della produzione e commercio di pane, della vendita del pescato, del vino e dei prodotti alimentari tipici, nonché nel settore della raccolta e riciclo sia di materie plastiche sia di Rsu l’indagine è riuscita quindi a delineare il quadro complessivo degli interessi illeciti gestiti in ambito nazionale e estero dal sodalizio indagato, verificando altresì la disponibilità di ingenti risorse finanziarie che venivano reimpiegate in numerose iniziative imprenditoriali e commerciali nel Nord-Italia e in Germania.
Le attività, condotte dai carabinieri e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, hanno innanzitutto accertato la peculiare strutturazione dell’organizzazione criminale che, diretta dal boss ergastolano Giuseppe Farao di 70 anni, aveva la sua base operativa nell’area di Cirò, Cirò Marina e comuni circostanti, dove è stata verificata anche l’operatività di due ‘ndrine satelliti: quella di Casabona, facente capo a Francesco Tallarico, e quella di Strongoli, facente capo alla famiglia “Giglio”.