Terrorismo islamico, dopo i cortei ora il rischio è il suo uso politico

Carlomagno

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Massimo Franco per il Corriere della Sera

Il tema non è tanto la fondatezza del pericolo del terrorismo islamico in Italia, ma l’uso politico che già se ne comincia a fare. A poche ore dalla manifestazione dei capi di Stato e di governo a Parigi seguita agli attentati del 7 gennaio, l’unanimismo si è già incrinato: a livello internazionale e da noi.

Gli attentati stanno producendo un’ondata di richieste destinate a condizionare le agende dei partiti; a renderle più attente alle paure dell’opinione pubblica. E, come in Francia il Front National di Marine Le Pen, in Italia è la Lega a guidare il fronte di chi cerca di approfittare di quanto è accaduto: per motivi insieme culturali ed elettorali.

La richiesta di abolire il trattato di Schengen, che permette la libera circolazione dei cittadini europei nell’Unione, è solo il primo atto. L’altro è una manifestazione di sfiducia e diffidenza nei confronti di tutto il mondo islamico, giustificato dalla presenza di una minoranza eversiva e, secondo i servizi segreti, pronta a colpire ancora.

Proprio partendo dal corteo parigino, FI denuncia un evento in cui ha colpito «l’assoluta egemonia della sinistra», sostiene il Mattinale , il bollettino del gruppo berlusconiano alla Camera. «Si sono eretti a interpreti unici dei sentimenti del popolo europeo».

Il tentativo è di accreditare una controverità rispetto a quella che descrive un’Europa compatta e solidale, e insieme decisa alla fermezza ma anche alla tolleranza. Nei quaranta governanti che hanno sfilato insieme si vede un fatto positivo; eppure si imputa loro anche «il totale rifiuto di vedere nell’Islam la fonte avvelenata delle stragi».

È una deriva della quale già sono spuntati i primi indizi. A rafforzarla è un umore antieuropeo ramificato e crescente: lo stesso che ha portato ad un’affermazione delle forze populiste alle ultime elezioni europee, con Germania e Italia uniche eccezioni.

Dal 7 gennaio, il problema è come impedire che prevalga una narrativa destinata ad alimentare l’idea di una guerra di religione in atto. Le analisi che spiegano come in realtà il vero conflitto si combatta tra Al Qaeda e Isis, e contro la grande massa dei musulmani moderati, faticano a fare breccia.

Anche perché più uccide europei, più l’eversione conta di fare proseliti dentro e fuori i confini dell’Ue. Ma «non si tratta di blindare i nostri Paesi: significherebbe blindare la democrazia», ha detto ieri il senatore del Pd, Sergio Zavoli. «Basterà informare, conoscere e agire».

Palazzo Chigi cerca di arginare l’allarmismo e gli attacchi delle opposizioni, che vanno dalla persistenza della crisi economica al bilancio del semestre italiano, fino agli attentati. «Nessun governo europeo parla di sospendere Schengen», spiega il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni.

«Sacrificare la libertà di circolazione sarebbe un prezzo inaccettabile da pagare al terrorismo». Si sta per dimettere Giorgio Napolitano, e il 29 ottobre si comincerà a votare per il successore. Il rischio che fattori esterni condizionino le elezioni per il Quirinale, sta oggettivamente aumentando.