Indagine Millennium, procuratore Lombardo: “Assetti dei clan non sono cambiati. Intercettazioni fondamentali”

Carlomagno

“Loro sono ancora qui ma ci siamo anche noi a dare risposte che non sono per niente scontate. Oggi poniamo le premesse per dare risposte finali che arriveranno quando si concluderà il percorso processuale”.

Lo ha detto il procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo durante la conferenza stampa dove sono stati illustrati i dettagli dell’operazione “Millennium” che stamattina ha portato all’arresto di 97 persone per diversi reati tra cui associazione mafiosa, traffico di droga, scambio elettorale politico-mafioso e sequestro di persona.

Lombardo ha ricordato gli esiti dell’inchiesta “Crimine” spiegando che l’operazione, condotta dai carabinieri con il coordinamento anche dei procuratori aggiunti Stefano Musolino e Walter Ignazitto, “ha permesso di riattualizzare gli assetti” delle cosche. Dal 2010 sono passati 15 anni ma “la struttura non è cambiata, ha aggiunto. La ‘Provincia’, come componente apicale della ‘Ndrangheta, continua a esistere, non è finita con l’operazione ‘Crimine'”. Lombardo ha evidenziato, inoltre, quanto “sia assolutamente indispensabile lo strumento delle intercettazioni per aggiornare la fotografia di cos’è la ‘Ndrangheta in questo territorio, in Italia e a livello mondiale. Se ci fosse stato un solo carabiniere ad aver svolto l’attività di intercettazione effettuata nell’ambito delle varie investigazioni congiunte che il mio ufficio ha coordinato, avrebbe ascoltato intercettazioni per 233 anni. Questo dato dà la misura del lavoro che è stato fatto”.

Per il sostituto procuratore della Dna Sandro Dolce “l’indagine attualizza il profilo dell’unitarietà della ‘Ndrangheta”, mentre il comandante generale dei carabinieri Salvatore Luongo ha parlato di “un’attività che ha raggiunto un risultato di grande rilievo”.

Il magistrato Musolino ha sottolineato “la capacità resiliente della cosca Alvaro di restare dominante in amplissimi territori della provincia tirrenica. Una cosa che credo ci debba interrogare e debba interrogare la pubblica opinione, perché questa resilienza riguarda anche soggetti che sono già stati detenuti e quindi la capacità della pena di modificare atteggiamenti e comportamenti di vita da parte di questi soggetti. Riguarda anche la capacità del tessuto sociale, nel quale gli indagati sono inseriti, di individuare queste persone come un problema per lo sviluppo della comunità, piuttosto che riconoscere loro una autorevolezza sociale che li fa diventare baricentrici all’interno di queste comunità. La repressione è uno degli strumenti, ma se non c’è investimento economico, investimento culturale, se non ci sono altri attori istituzionali che intervengono in quei tessuti sociali, le cose difficilmente cambieranno”.

Secondo il pm aggiunto Ignazitto emerge uno “spaccato particolarmente allarmante e soprattutto evidenzia una pervasività di questi soggetti a 360 gradi nella provincia di Reggio Calabria”.

Il riferimento è al fenomeno di “rastrellamento di voti sul territorio in occasione delle elezioni al Consiglio regionale. È emersa la figura di alcuni soggetti che, a prescindere dall’appartenenza a questo o quel partito politico, si sono posti al servizio del migliore offerente per raccogliere voti presso le ‘ndrine. C’era una squadra formata da tutta una serie di soggetti che hanno pianificato, progettato, in parte messo in atto un fenomeno di baratto per cui all’elezione del candidato prescelto sarebbe dovuto conseguire una serie di vantaggi in termini di incarichi, di favori, di riconoscimenti di vario tipo da parte di colei che si auspicava potesse essere eletta al Consiglio regionale”.