Sono “inquietanti” secondo la procura di Milano i rapporti tra la ‘Ndrangheta e le imprese che accedono agli appalti pubblici a Milano e in Lombardia. La numero uno della Dda milanese Alessandra Dolci e il procuratore capo Francesco Greco li hanno definiti così in conferenza stampa, illustrando la maxi indagine che ha portato all’ottenimento da parte del gip di 43 misure cautelari eseguite in tutto il Nord, tra cui i politici Pietro Tatarella e Fabio Altitonante.
Tutta l’inchiesta nasce da un’indagine per turbativa d’asta a carico dell’imprenditore calabrese Renato Napoli, iniziata quando a capo dell’antimafia milanese c’era ancora Ilda Boccassini.
Da quelle carte emersero i rapporti dell’imprenditore con la famiglia Molluso, originaria di Platì e affiliata alla locale di Corsico. I Molluso – proprietari di una ditta che fra le altre cose si occupa anche di edilizia, logistica, guardiania – avevano legami con Daniele D’Alfonso, l’imprenditore della Ecol Service srl considerato dagli inquirenti legato alla politica milanese, in particolare al consigliere comunale e candidato con Forza Italia alle elezioni europee 2019, Pietro Tatarella.
“Attraverso la figura di D’Alfonso, la ditta Molluso si aggiudicava commesse private, facendosi schermo della Ecol Service srl che risultava nella white list e quindi poteva partecipare agli appalti perché non in odore di mafia. Questo dimostra come sia facile aggirare la normativa antimafia degli appalti” ha spiegato la procuratrice Dolci.
Daniele D’Alfonso “imprenditore nella raccolta rifiuti e bonifiche”, secondo gli inquirenti era legato a doppio filo alla mafia reggina: “Assumeva dipendenti indicati dalla famiglia calabrese e calabresi con carichi penali e finanziava la famiglia Molluso mettendo a disposizione somme di denaro” ha aggiunto Dolci.
Non solo: mentre uno dei fratelli Molluso scontava la pena per il quale era stato condannato nell’indagine “Nord Sud”, un figlio dei Molluso si presentava sui cantieri della nuova questura di Monza “proprio a nome della Ecol Service”.
D’Alfonso “era pienamente consapevole di chi fossero i suoi interlocutori”: se da un lato “quando si interfacciava con politici parlava liberamente” (politici come appunto Tatarella) dall’altro “usava tutt’altro modo quando gli interlocutori erano calabresi, avvalendosi di un linguaggio criptico convenzionale tipico degli affiliati”.
Ecco dunque perché le agevolazioni dei politici ad alcuni imprenditori lombardi arrivavano indirettamente alla ‘Ndrangheta, facendo così configurare il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.