Suicidio Alessandro Bozzo, 4 mesi a Piero Citrigno. Spagnuolo: “Pena inadeguata”

Carlomagno

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Suicidio giornalista Bozzo, condannato a 4 mesi Piero Citrigno
Da sinistra il giornalista Alessandro Bozzo e l’ex editore di Calabria Ora Piero Citrigno

L’ex editore di “Calabria Ora” e de “l’Ora della Calabria”, Piero Citrigno è stato condannato a 4 mesi di reclusione per violenza privata nei confronti di Alessandro Bozzo, il giornalista morto suicida il 15 marzo 2013 nella sua casa di Marano Marchesato. La sentenza è stata pronunciata nel primo pomeriggio di mercoledì 14 settembre, dal giudice del Tribunale di Cosenza, Francesca De Vuono. L’accusa aveva chiesto 4 anni, ossia il massimo della pena prevista dal reato di violenza privata. L’imprenditore ha già una condanna definitiva per usura.

Ci vorranno 90 giorni per conoscere le motivazioni della sentenza in un processo nato quando la famiglia di Alessandro ha consegnato i diari del cronista quarantenne dove lui appuntava tutto ciò che gli accadeva al lavoro, pagine in cui emerge tutta la sua amarezza per le decisioni e gli avvenimenti che accadevano all’interno dell’azienda per cui lavorava.

“Siamo soddisfatti in parte, perché la pena doveva essere maggiore. Mio figlio ha avuto giustizia, anche se oggi non è più con noi”, è stato il commento del padre di Alessandro all’uscita del tribunale di Cosenza. Secondo il capo d’imputazione, Citrigno, mediante minacce, avrebbe costretto “Alessandro Bozzo a sottoscrivere dapprima gli atti indirizzati alla società Paese Sera, editrice della testata “Calabria Ora”, nei quali dichiarava, contrariamente al vero, di voler risolvere consensualmente il contratto di lavoro a tempo indeterminato con la predetta società, senza avere nulla a pretendere e rinunciando a qualsiasi azione e/o vertenza giudiziaria, e, successivamente, a sottoscrivere il contratto di assunzione a tempo determinato con la società Gruppo editoriale C&C srl, editrice della medesima testata giornalistica.

In particolare a Alessandro Bozzo veniva imposta la sottoscrizione del contratto a tempo determinato quale unica alternativa alle dimissioni, prospettate come danno ingiusto”. Alessandro Bozzo si suicidò nella sua abitazione di Marano Marchesato (Cosenza) dopo avere lasciato una lettera di tre pagine nella quale spiegava di avere deciso di uccidersi perchè non aveva più voglia di vivere. Sposato e con una bambina, il giornalista aveva compiuto 40 anni pochi giorni prima di togliersi la vita.

In aula c’erano il padre, la madre e la sorella di Alessandro insieme ad alcuni colleghi e amici e a una delegazione di Libera. Al momento della sentenza Citrigno non era in aula. Un processo che ha visto sul banco dei testimoni tanti giornalisti che hanno lavorato con Alessandro Bozzo e che hanno ricostruito il difficile rapporto fra il giornalista e l’editore Citrigno. In aula, questa mattina, l’avvocato Salvatore Staiano, difensore dell’imprenditore, ha sottolineato come Citrigno stimasse Bozzo, come non l’abbia mai licenziato e ha spiegato come i diari del giornalista non possono essere una prova perché rispecchiano pensieri e inquietudini dell’uomo.

Il pm Maria Francesca Cerchiara ha replicato invece che da quei diari emerge tutto il malessere di Alessandro per le sue condizioni lavorative, cosa confermata dalle testimonianze dai colleghi. Anche l’avvocato della famiglia Bozzo, Nicola Rendace, ha ribadito quanto siano state importanti le testimonianze dei giornalisti e che il processo si basa sulla violenza privata provocata ad Alessandro dal cambio di contratto e dalle vicende lavorative. Tutte le altre restano fuori dall’aula giudiziaria.

Nell’udienza dell’11 luglio 2016 il pm Cerchiara, oltre a chiedere per Citrigno quattro anni di reclusione, comunicò di aver trasmesso alla Procura di Cosenza alcuni atti emersi durante il processo Bozzo in cui ha riscontrato elementi di “violenza privata e ipotesi di estorsione” nei confronti dei giornalisti Pietro Comito, Antonella Garofalo, Antonio Murzio e Francesco Pirillo. Tutti e quattro, ascoltati durante il processo in qualità di testimoni, hanno raccontato, oltre a fatti relativi al rapporto fra Alessandro e l’editore, le condizioni lavorative e contrattuali dei redattori di Calabria Ora.

Intanto, la Procura della Repubblica di Cosenza prende atto che, con la sentenza di condanna emessa oggi dal Tribunale nei confronti di Piero Citrigno per il reato di violenza privata ai danni del giornalista Alessandro Bozzo, è stata riconosciuta la validità dell’impianto accusatorio”.

È quanto si legge in un comunicato a firma del procuratore della Repubblica di Cosenza, Mario Spagnuolo. “La Procura – prosegue la nota – comunica anche che avanzerà appello nei confronti della sentenza, ritenendo assolutamente inadeguata la pena irrogata rispetto alla gravità dei fatti contestati e che proseguiranno le indagini per ulteriori fatti reato emersi nel corso del dibattimento”.