Califfato Libia, Alfano: “E’ alle porte di casa. l’Onu lo fermi”

Carlomagno
Angelino Alfano
Angelino Alfano

Alberto D’Argenio per Repubblica

Non bisogna perdere un minuto, bisogna intervenire in Libia con una missione Onu, la comunità internazionale deve capire che è cruciale per il futuro dell’Occidente». Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, è sulla stessa linea del premier Renzi sull’ipotesi di una missione di peacekeeping a Tripoli.

Ministro, l’avanzata dell’Is in Libia aumenta il pericolo di azioni terroristiche contro l’Italia? Anche in queste ore l’Is ha minacciato Roma.
«Le minacce contro il nostro Paese purtroppo non sono una novità e il nostro allerta era già elevatissimo, lo prova il decreto antiterrorismo approvato la scorsa settimana e potenzieremo ulteriormente l’attività che da dicembre ha portato all’espulsione di 17 sospetti. Martedì inoltre incontreremo i rappresentanti dei colossi web per intensificare la cooperazione nell’allerta precoce sul transito in Rete dei messaggi degli estremisti e giovedì sarò a Washington per un summit organizzato dalla Casa Bianca tra 20 paesi per il contrasto del terrorismo internazionale».

La nuova ondata di barconi in arrivo non vi fa temere che tra gli immigrati si possano nascondere terroristi?
«Nessuno può escluderlo, ma non si può creare un nesso. Certo, l’avanzata del Califfato in Libia accentua tutti i profili di rischio».

L’Italia aumenterà i pattugliamenti per evitare altre stragi in mare?
«Ora il problema non sono Triton o Mare Nostrum, ma la Libia: la scelta forte di politica estera che riguarda la comunità internazionale e l’Onu del fare della Libia una priorità assoluta. Se le milizie del Califfo avanzano più velocemente delle decisioni della comunità internazionale come possiamo spegnere l’incendio in Libia e arginare i flussi migratori? Rischiamo un esodo senza precedenti e con una difficoltà di controllo. Per controllo intendo la capacità di ridurne il numero e quella di intercettare potenziali jihadisti».

In che tempi volete il mandato Onu per spedire un contingente di peacekeeping sul terreno?
«Vogliamo restare nel quadro delle Nazioni Unite, alle quali chiediamo di comprendere che la Libia è una vera e propria priorità. La situazione è di tale urgenza che è superfluo dare i tempi, bisogna farlo subito. Ad esempio, quanto successo oggi alla nostra motovedetta avvicinata da una barcone con quattro persone armate di kalashnikov è la prova di quanto spregiudicata, inumana e criminale sia l’azione della più macabra agenzia viaggi del mondo, quella dei trafficanti di esseri umani».

È preoccupato per le minacce dell’Is al ministro Gentiloni?
«Abbiamo deciso di elevare al massimo la sua protezione».

Vista la situazione sul terreno si può dire che andremo a fare la guerra: l’Italia è pronta?
«Non entro nei dettagli che competono al Parlamento e ad altri colleghi di governo, ma a Washington ribadirò che la lotta al terrorismo interno parte dallo spegnere i fuochi che divampano nell’altra sponda del Mediterraneo: non si può perdere un solo minuto».

Che tipo di missione immaginate? Chiederete anche un ombrello Nato?
«La cosa essenziale è trovare tutte le formule perché ci sia una copertura internazionale, non può trattarsi di un gruppo di volenterosi perché sarebbe la prova che non tutti hanno capito che questione libica è strategica per il futuro dell’Occidente».

Romano Prodi incolpa chi ai tempi del Colonnello seguì Francia e Gran Bretagna. Al governo c’era il centrodestra.
«Senza alcuna indulgenza da parte mia nei confronti di Gheddafi, la gestione di quella vicenda da parte della comunità internazionale e ancor di più di quanto avvenuto dopo pesa ancora nella coscienza e nella responsabilità di chi fece quegli errori il cui conto salatissimo è stato pagato dall’Italia e che l’Italia non può più pagare da sola».

Berlusconi sosterrà un’azione militare: un annuncio che può cambiare il clima politico dopo la rottura del Nazareno?
«È una dichiarazione in linea con la sua tradizione di politica estera che mi fa piacere e non mi meraviglia. Ma proprio per lasciare la politica estera alla propria altezza e nobiltà, distinguerei queste parole da una più generale azione di riavvicinamento al governo».

Salvini dice che i barconi andrebbero lasciati in mezzo al mare.
«Incommentabile, come quasi tutto del suo dire».

Invece il M5S si dice contrario a un’azione militare.
«Facile dirlo, ma non si è mica capito come i grillini fermerebbero il Califfo e i trafficanti di esseri umani».