Catanzaro: palpeggiò donna in treno, Cassazione nega le attenuanti

Carlomagno

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Catanzaro: palpeggiò donna in treno, Cassazione nega attenuantiUn calabrese di 54 anni è stato condannato in via definitiva dalla Cassazione per molestie e palpeggiamenti, ma non gli ha riconosciuto le attenuanti. Un caso destinato a fare giurisprudenza: Chi palpeggia una donna sola e indifesa in treno (o altrove fa lo stesso) non merita nessuna attenuante. La Suprema Corte, nel confermare la condanna a un anno e quattro mesi di reclusione nei confronti del 54enne, Agostino M., ha negato questo beneficio per l’azione svolta in presenza di “una situazione di minorata difesa”.

L’uomo è stato processato con rito abbreviato, perché nell’aprile 2011 su una carrozza del treno che viaggiava tra Catanzaro e Sibari con violenza e minaccia aveva palpeggiato una giovane donna.

La vittima era uscita dal suo scompartimento perché aveva ricevuto una telefonata e si era diretta alla fine del vagone per rispondere alla chiamata senza disturbare gli altri viaggiatori.

Ma l’imputato, Agostino M., la seguì e appena vide che non c’era nessuno intorno le mise le mani addosso approfittando anche della poca illuminazione. La ragazza riuscì a urlare e un passeggero avvertì le forze dell’ordine dopo aver visto la giovane darsi alla fuga in un altro vagone e l’uomo entrare in un altro scompartimento.

Contro la condanna inflittagli dalla Corte di Appello di Catanzaro nell’ottobre 2014, della stessa entità di quella emessa dal Gip di Rossano nel 2011, Agostino M. ha protestato in Cassazione chiedendo il riconoscimento delle attenuanti generiche – e dunque uno sconto di pena – dal momento che la violenza sessuale commessa rientrava tra quelle di “minore gravità” ed inoltre chiedeva che fosse valorizzata la confessione resa davanti al gup.

I supremi giudici – sentenza 39786 – hanno replicato che la sentenza d’appello “ha negato il riconoscimento delle attenuanti generiche, con apprezzamento di fatto immune da censure, e dunque insindacabile in sede di legittimità, rilevando che l’imputato aveva agito approfittando della solitudine della vittima e della condizione di oscurità del vagone, integranti una situazione di minorata difesa, e che i palpeggiamenti erano stati reiterati”.