Era potente Antonio Gallo, l’imprenditore quarantenne nel campo dell’anti infortunistica, finito in manette nell’inchiesta della Dda “Basso profilo“, che lo ritiene organico ai clan di ‘ndrangheta catanzarese e crotonese, ma con forti agganci con le cosche del reggino, in particolare coi Tegano/De Stefano di Reggio Calabria.
Non solo: secondo l’antimafia di Catanzaro, Gallo avrebbe procacciato i voti per far eleggere Franco Talarico nelle elezioni politiche del marzo 2018, poi persa per una manciata di voti in un territorio “estraneo” al segretario dell’Udc calabrese, ma anche rispettato dagli stessi esponenti politici di riferimento. Un rispetto che lo avrebbe portato a incamerare per la sua azienda importanti commesse in Italia e nella stessa Albania, dove risulta una filiale costituita, secondo l’inchiesta, con l’interessamento di Franco Talarico e Lorenzo Cesa.
E su Reggio Calabria, la figura di Antonio Gallo, emerge come la persona di strettissima fiducia di Antonio Caridi, ex senatore di Forza Italia arrestato per concorso esterno qualche anno fa (poi scarcerato) nell’ambito dell’inchiesta ‘Gotha’ dopo l’autorizzazione a procedere concessa da palazzo Madama.
Antonio Gallo non era uno qualunque. Aveva tante relazioni, e soprattutto tanti soldi, gli investigatori gli avrebbero trovato circa un milione di euro in contanti a casa. Definito il “principino”, era tanta la fiducia che riponeva sull’imprenditore l’allora senatore Caridi al punto che Gallo era in grado di presentarsi negli uffici del Senato sostituendosi al parlamentare e per egli, sbrigare pratiche, presenziare agli appuntamenti, ricevere o meno persone, fare o meno favori; oppure viceversa, telefonare, fissare e recarsi ad appuntamenti. Come per dire agli interlocutori: “Buongiorno, sono il senatore Caridi…”. Sembra incredibile, e invece sarebbe vero stando a quanto captato dagli investigatori nell’ambito dell’inchiesta della Dda guidata da Nicola Gratteri.
In un passaggio delle carte dell’inchiesta si legge infatti che Antonio Gallo raccontava a Franco Talarico i benefici avuti nel fare “politica attiva” alla corte di Antonio Caridi: “Ti spiego… quando io ero al Senato chiamavo e dicevo: sono il Senatore (Caridi)… devo prendere un appuntamento. Tutti mi ricevevano: “Prego”, ed andavo io, quindi solo che chiamavano venivo ricevuto. Solo sono andato alle Ferrovie per trasferimenti? Mi si prendono le … e poi mi chiamavano … prima di andare …questo non possiamo trasferirlo perché ha un problema … ha dieci provvedimenti disciplinari …”.
In sintesi – spiegano i magistrati – Antonio Gallo intendeva spiegare a Franco Talarico quale fosse il suo interesse finale una volta che il segretario regionale dell’Udc fosse stato eletto nel collegio reggino.
Tramite il lametino Talarico, il rampollo catanzarese voleva continuare ad agire liberamente col “modus operandi” già utilizzato quando si recava autonomamente presso l’ufficio di Antonio Caridi al Senato e fissava appuntamenti importanti accreditandosi o addirittura spacciandosi per il Senatore Caridi stesso, tanto era il livello di confidenza con l’ex parlamentare azzurro.
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