Crac Calabresi nel Mondo, indagato Pino Galati: Peculato e abuso d’ufficio

Abuso d'ufficio e peculato in concorso, è il reato contestato. Secondo l'accusa Galati si sarebbe auto liquidato indebite indennità e avrebbe assunto numerose persone a lui vicine "a fini clientelari"

Carlomagno

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Giuseppe Pino Galati indagato
Pino Galati

C’è anche l’ormai ex deputato di centrodestra Giuseppe “Pino” Galati, tra gli indagati nell’inchiesta della procura di Catanzaro culminata stamane col sequestro di beni disposto dal gip Teresa Guerrieri, in merito ad una presunta distrazione di risorse del Por Calabria destinate alla Fondazione Calabresi nel Mondo e finite altrove.

Pino Galati, è coinvolto nella veste di ex presidente dell’ente in house della Regione Calabria, attualmente sottoposta a procedura di liquidazione. Insieme all’ex parlamentare (non rieletto il 4 marzo), nella legislatura appena finita, ex Forza Italia poi transitato nel gruppo “Noi con l’Italia- Scelta civica – Maie”, sono indagati anche Giuseppe Antonio Bianco, nel 2012/13 dirigente della Regione Calabria Dipartimento Affari generali e Presidenza (all’epoca segretario generale di Calabresi nel mondo), e Mariangela Cairo, nel ruolo di Segretario generale della Fondazione “I Sud del Mondo” e collaboratrice dell’ente in house calabrese. L’accusa per i tre è, a vario titolo, di abuso d’ufficio, falsità ideologica e peculato.

A Galati vengono contestati l’abuso d’ufficio e il peculato in concorso (con Bianco). Il peculato sarebbe per delle indennità percepite che invece le norme gli vietavano, ma che l’allora presidente sarebbe riuscito a intascare grazie a una “modifica unilaterale dello statuto”. Secondo quanto accertato l’ammontare delle somme indebitamente percepite sono di oltre 141 mila euro per Galati (più di un anno, tra il 2012 e il 2013), e oltre 62.000 euro per Bianco (6 mesi).

L’abuso d’ufficio è contestato, sempre a Galati, per la “macroscopica violazione” dell’articolo 97 della Costituzione, che prevede procedure concorsuali in merito al reclutamento del personale nella Pa. L’ex presidente avrebbe favorito l’assunzione di 25 persone a lui vicine per rapporti politici e personali “a fini clientelari, per aumentare il proprio bacino elettorale”, è scritto nel decreto di sequestro. In sostanza, i collaboratori della “struttura operativa interna” sarebbero stati reclutati senza passare per le short list pubbliche.

A Bianco viene contestato, oltre al peculato in concorso con Galati, la falsità ideologica e materiale, mentre alla Cairo il fatto che insieme all’ex parlamentare  – che era anche presidente della fondazione “Sud del mondo” –  avrebbero stipulato un contratto di locazione a Roma per questo ente,  con fondi della fondazione della Regione Calabria, stimati in circa 10 mila euro. L’immobile romano, secondo l’indagine dei Carabinieri di Catanzaro, sarebbe servito solo “per le loro esigenze private” e non per le finalità dell’ente in house.

Per Galati e Bianco è stato disposto il sequestro preventivo per equivalente di un totale di oltre 204 mila euro, suddivisi in circa 141.700 euro per Galati e 62,7 mila euro Bianco in relazione alle indennità indebitamente percepite. 

Inoltre, 9.979 euro sono stati sequestrati all’ex deputato e alla Cairo per la locazione dell’immobile a Roma.

La procura aveva chiesto il sequestro, poi rigettato dal gip, di 1.000.985,45 euro per quanto riguarda le somme nette erogate ai collaboratori di “Calabresi nel Mondo”, secondo l’accusa, assunti, senza il metodo pubblico delle short list, in modo clientelare e illegittimo. 

Il giudice motiva, citando sentenze della Cassazione, in merito al rigetto della richiesta di sequestro per le spese dei collaboratori: “Il sequestro dei compensi, in quanto preordinato alla confisca obbligatoria di cui all’articolo 335 bis, potrebbe venire disposto nei riguardi degli aventi diritto (gli assunti, ndr) ancorché estranei al reato, i quali non possono in alcun modo avvantaggiarsi dell’ingiusto vantaggio acquisito con una condotta illecita”.

“Il vantaggio del quale Galati ha, probabilmente, goduto dalle assunzioni di tipo clientelare è un vantaggio di tipo politico, che non può dirsi rientrante nella nozione di profitto confiscabile”, spiega il giudice. Rigettata anche la richiesta di misura cautelare personale per l’allora parlamentare in carica.