Altra ammissione “parziale” di Veronica Panarello. Avrebbe detto, nel tardo pomeriggio di martedì, che il figlio Loris Stival l’ha trovato “morto in casa” con le facestte elettriche. La donna parlando ha detto che è stato “un incidente”. Quindi si è davanti alla seconda rivelazione “clou” della madre ritenuta dagli inquirenti probabile assassina del figlio.
Già la scorsa settimana aveva ammesso al marito, in una intercettazione in carcere durante un colloquio con David Stival, papà del bimbo, che il figlio “non l’ho accompagnato a scuola”.
Queste due ammissioni, insieme a tutto il quadro indiziario (“schiacciante”) tracciato dagli investigatori, pongono Veronica Panarello in una posizione molto complicata. Non sono confessioni vere e proprie ma rivelazioni che indicano in modo evidente che sin dall’inizio la donna non avrebbe mai detto la verità. Sono le telecamere di sorveglianza che la inchioderebbero alle sue responsabilità.
Nell’ultima confessione la donna ha detto di aver trovato il figlio “già morto in casa”, ribadendo che non l’ha ucciso lei Loris Stival. Poi ha preso l’auto “per adagiarlo nel canalone” dove è poi stato ritrovato con gli slip abbassati. Questo, ritengono gli inquirenti, per “simulare” la violenza sessuale di cui aveva parlato inizialmente la madre. Alla domanda sul perché non abbia chiamato i soccorsi, Panarello avrebbe detto di avere “paura” per i sospetti che avrebbe attirato su di sé.
La donna appare sempre più confusa e contraddittoria. Intanto la Cassazione, nelle motivazioni con cui conferma la custodia cautelare in carcere di Veronica Panarello spiega che la decisione si basa “su una coerente analisi critica degli elementi indizianti e sulla loro coordinazione in un organico quadro che appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica nell’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità nel senso della conducenza con elevato grado di probabilità della responsabilità dell’indagata per l’omicidio”, scrive la Cassazione.
Le ultime rivelazioni di Veronica Panarello mettono in difficoltà le strategie difensive dell’avvocato della donna Villardita, che sin dall’inizio ha cercato di smontare il “castello accusatorio” contro la sua assistita.